Belonged to this world. Come dire il riscatto della realtà sulla sua rappresentazione, dell’essenza delle cose sulla loro apparenza. D’altro canto la carriera dello svizzero Didier Rittener (Losanna, 1969), vissuta intensamente tra circuiti alternativi e laterali, è un segno dell’impegno pervicace profuso nella ricerca, magari scomoda, magari non allineata alle mode, magari eccessivamente complessa per essere intesa nei tempi serrati della comunicazione odierna.
Eppure il messaggio di Rittener è chiaro: rimettere le cose al loro posto. Che diventa un esercizio per lo spettatore durante la visita. I Transfert dell’artista, raffinati disegni a matita, trattati digitalmente e riportati in grande dimensione tramite la stampa plotter, sono immagini che, solo analiticamente osservate, forniscono punti di riferimento. Nell’insieme la serie appare disunita e disomogenea, a suo modo destabilizzante. In realtà la loro origine, aggregazione di infiniti dettagli tratti dalle più diverse fonti -la natura, la storia, la storia dell’arte, la poesia, la musica, la pubblicità- riconduce ad un’unica radice, che è quella della memoria. Il gioco consiste nella traduzione del rebus, nella ricostruzione di un’entità composita, altrimenti enigmatica e misteriosa. L’artista gioca con la natura alchemica delle sue creazioni, ma lo fa anche con lo spettatore, inducendolo ad interrogarsi sulla sua percezione delle cose e sul proprio tempo.
L’intervento spettacolare è di natura plastica ed occupa l’intero tunnel dell’ex rifugio aereo dove ha sede la galleria. Sono alcune delle stelle altre reduci dalla mostra Desert me a Ivry-sur-seine. Il loro nome è Auto-protection, quasi un non-sense rispetto all’aspetto minaccioso delle sculture. In realtà Rittener, ancora una volta, riporta il suo messaggio alla dimensione singolare dello spettatore più che alla massa del pubblico, lo induce a far propria la logica della consapevolezza come difesa.
Le stelle simboleggiano classicamente il divino e l’universo, dice la curatrice Marinella Paderni, ma oggi ricordano piuttosto l’isolamento e le difese militari. Uno slittamento che sottolinea la versatilità ontologica di queste forme geometriche, la cui traduzione è affidata, ancora una volta, alla scelta dell’individuo, tra un’opzione esterna, la sintesi del mondo e della sua essenza, ed una interiore, la preservazione della propria identità ed autonomia di giudizio dal nichilismo contemporaneo.
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