Non vi sono dogmi o stereotipi in questa prima personale
di Simone Bergantini (Velletri, Roma, 1977; vive a Torino). Nulla è scontato, l’ovvietà
della vita quotidiana si disgrega nel vortice d’ombra per poi rigenerarsi,
emergendo da quello stesso buio che l’aveva divorata. E ne viene trasfigurata:
la luce che si staglia fredda e monocroma ne accentua la drammaticità e il
pathos, ne rivela particolari invisibili, congela l’attimo e lo proietta verso
l’infinito.
L’occhio dell’artista si sofferma con maestria su soggetti
strettamente legati al flusso del quotidiano, ne sovverte i canoni estetici, si
immerge nel flusso costante del reale per riscoprirne l’archetipo, quell’essenza
che va oltre il visibile.
Una sedia da esterni, la fissità di un bosco colto alla
prima luce del mattino, il ringhio di una volpe, un fisico decadente, un
semplice sacchetto dell’immondizia:
Bergantini, elementi a cui la monocromia della rielaborazione fotografica
conferisce la consapevolezza di una dimensione interiore, gelida e drammatica,
che passa inosservata all’occhio sopito dalla ritualità dell’abitudine.
Il ritmo della mostra è incalzante; il visitatore è
circondato da lampi di luce che squarciano il buio e rivelano i soggetti nella
loro cruda e spietata immediatezza. Sono quelle Black Eyes Explosions che danno il titolo alla mostra.
Flash rapidi, ad alto impatto emotivo e linguistico ma, al contempo, fissi e
immutabili, trasformati in punti eterni e isolati, avulsi dal contesto in cui
erano calati.
Piace stupire al giovane artista romano, recente vincitore
del Premio Terna 02 e da molti considerato una delle realtà più promettenti del
panorama artistico contemporaneo. Lo dimostra anche attraverso il mezzo
espressivo scelto per fissare le nature morte da lui predilette: la fotografia,
forma artistica estremamente “estesa” e “popolare”, che diviene esclusiva nella
propria personale rielaborazione artistica.
Al procedimento analogico tradizionale segue una scansione
e una rielaborazione elettronica dei toni che fissano le stampe ai pigmenti di
carbone su carta cotone. I confini dell’immagine si fanno in questo modo
incerti, si flette il livello tecnologico per emergere quello propriamente
artigiano, più squisitamente “artistico”.
Alcuni particolari divengono macroscopici, immediati,
amplificati; altri si fanno secondari, quasi impercettibili, sfocati. È il
riflesso di una normalità che ormai ha superato la propria dimensione e che ha
riscoperto, emergendo dalle dense macchie di nero, la propria dirompente
fisicità. Una normalità che, nel pulviscolo di un’atemporalità che ha le
sembianze di un attimo, rivela tutta la propria sconvolgente bellezza.
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In collettiva da Jarach
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mostra visitata il 3 marzo 2010
dal 13 febbraio al 22 maggio 2010
Simone
Bergantini – Black Eyes Explosion
a cura di Gianluca Marziani
Jarach Gallery
Campo San Fantin, 1997 (San Marco – Fenice) – 30124 Venezia
Orario: da martedì a sabato ore 10-14 e 15-19
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0415221938; fax +39 0412778963; info@jarachgallery.com; www.jarachgallery.com
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