Botanica e metafisica sono due termini in opposizione filosofica. La fisicità (non carnale) della botanica, dei rami, del verde, dei fiori, fa quasi a pugni con la metafisica, che è ciò che va oltre, aldilà della natura (la physis). Ed è questa la sfida che la mostra propone, cercando di ricomporre l’ossimoro degli opposti per raccontare come le piante siano punto di partenza di un’indagine non conoscitiva bensì speculativa. Non si tratta quindi di un’esposizione a tema ma a progetto, basato sulla condivisione degli autori –seppure con notevoli differenza– di uno spirito sciamanico, evocativo, con lo slancio necessario per toccare il cielo con un dito, come fanno i rami di tanti invidiati alberi.
È il parco della villa a raccontarci della prima ricucitura della contraddizione, in modo quasi magico: si tratta delle Nozze alchemiche di Roberto Fontanella, in cui un fiore dai petali metallici sembra propiziare un rito di ricongiungimento tra mondo trascendente e flora, su cui invece agisce Franco Gazzarri, affiancando in un quadro di terreno porzioni d’erba perfettamente pigmentate ad aree rese albine dall’assenza di luce (L’erba generalmente è verde). E sempre nel giardino agiscono Cristina Gori, disponendo sul prato delle fette di tronco disposte regolarmente a mo’ di alberi tagliati (opera che invita a riflettere anche sulla tutela ambientale), e Daniella Bacigalupo, che aggiunge ad un albero mille foglie di plastica, memore di un collage realizzato durante la propria infanzia. Un po’ per la pioggia, un po’ per il vento, ma anche le foglie artificiali abbandoneranno, giorno dopo giorno, i rami della pianta.
Non cadranno mai invece le foglie e i petali realizzati con gomme e sottopiatti da giardino da Corrado Bonomi (da qui il titolo ironico e pungente Se son rose sfioriranno), né appassiranno le misteriose felci di Franco Cimitan, imprigionate tra la tela e la cera come insetti primordiali nell’ambra. Sono mostruosi i cactus dalla forma vagamente fallica costruiti da Vittorio Valente, che imitano il microcosmo cellulare con mille spine di silicone colorato, mentre nell’installazione Echi, suoni dallo spirito primordiale di Sonia Casari soffiando nelle zucche incave di terracotta si può sentire l’afflato del vento. Si sente invece l’eros ammaliante della seduzione nel video Fleur di Julia Bornfeld e Ralf Rainer Odenwald, in cui un fiore nero impersonato da una figura femminile danza, invitante e disponibile ad una sensuale deflorazione. Ma forse è l’opera di Tobia Ravà a mostrare inequivocabilmente i rapporti inviluppati ma sottili tra mondo vegetale e metafisica: i suoi paesaggi di alberi ricoperti da ontologiche serie di numeri (derivati dalla tradizione ebraica della ghematrià basata sull’interscambiabilità tra lettere e numeri) raccontano quella metafisica verità tanto cara a Galileo. Che la natura, infondo, è scritta in caratteri matematici.
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