Capita raramente di imbattersi in opere che siano in grado di coinvolgere così tanto come quelle esposte alla galleria d’arte il Totem; ancora più raramente capita che siano le epifanie di una unica mano, di un solo pensiero…di un solo artista. “Maxi Screen” è forse un anglicismo poco opportuno per un evento italianissmo, ma risulta una felice sintesi per l’esposizione di un artista che lascia poco margine allo shock perpetuando l’amenità visiva con una timidezza quasi irritante. Le opere del Nostro sono “ritratti” di volti d’altri tempi che assumono ruoli enigmatici e malinconici nella rielaborazione, nella forma e nel supporto…ove ogni traccia del passato sembra delineare feritoie multiple di interpretazione, livelli eleganti di sentimento e plurimi idioletti estetici.
L’artista riesce a far condividere nella medesima opera l’amore per la manualità con la necessaria incursione nel tecnologico attraverso un delicato lavoro di ricerca che sfocia in un risultato quanto mai suggestivo. “A volto coperto” (1999) può rappresentare il primo passo per comprendere la dicotomia messa in gioco da Grosso: il ritratto di un volto femminile, sviluppato su 9 moduli, sembra quello di una diva del passato, dove la raffinatezza indirizza la mente dell’osservatore ai film in B/N degli anni 30, ma anche a quei sbiaditi ricordi di famiglia dove si riscopre la gioventù dei propri nonni. Ma non è tutto qui! A dispetto di questo primo feeling indirizzato al gusto per il retrò si nota che l’intervento dell’artista è compiuto con il preciso intento di far avvicinare l’osservatore all’opera; come per incanto la superficie del ritratto assume rilievi delicati che esigono il tatto. Il laser painting “A volto coperto” cela nell’elaborazione la dialettica tra sguardo al passato e avvicinamento al nuovo, dove il recupero di elementi datati (l’artista scova le fotografie antiche nei mercatini, dagli antiquari..ecc) fa da oeverture alla poetica dell’artista, rivolta sia a mettere in luce un romanticismo d’altri tempi, che a sottolineare l’esigenza di “umanizzare” il freddo progresso tecnologico. I reperti che l’artista rielabora con scritte, segni e contaminazioni di varia natura sono il frutto di una ricerca perpetuata con ordine quasi maniacale (rivedo gli sforzi degli incisori affinché il risultato sia quello voluto) al fine di individuare il supporto più adeguato a quel tipo di “ritocco”. “Con-testo” (1999) rievoca un profilo femminile lambito da scritte criptiche colorate: come appare misterioso il volto della donna ritratta così le scritte pretendono attenzione per essere codificate; lo sforzo di comprenderne il senso è vano, come risulta inefficace tentare di capire il vissuto del personaggio femminile. Il mistero si fa poesia, e in questo passaggio non può che scaturire l’atmosfera del sogno: il decontestualizzare di Grosso assume valenze oniriche proprio nella quantità di ingredienti che è in grado di introdurre. L’accavallarsi illogico/irrazionale di pensieri e di situazioni dello stadio R.E.M. coincide con il confrontarsi con i lavori di questo artista. Il sistema geometrico dei pannelli che formano l’opera è in contrasto con il chiaroscuro disinvolto e “non controllato”, assonanze che non stridono, anzi, che collimano nella raffinatezza della “buona visione” elargendo attenzione verso un senso del gusto difficilmente riscontrabile in altri giovani artisti contemporanei. Le opere più recenti, come ad esempio il dittico ”Double-face” (2001), toccano argomenti come la musica: elemento importante che Grosso legge in qualità di partitura pura e che ripropone in associazione a fisionomie umane in veste di simbolo. La ripetizione in queste opere imita un reef eseguito da autori diversi, da un lato quello formale…dall’altro quello proposto dall’artista. Esiste un dialogo tra strumenti pensati e note afone, concreto solo nella percezione contrastante del bianco e nero. Con l’opera ”In-cassa” (2001) l’artista fa una piccola incursione nell’installazione, sintomo questo dell’attenzione che l’artista ha per l’arte attuale, e dimostrazione che la miscela vecchio-nuovo può trovare una valvola compromissoria proprio nella raffinatezza della composizione. Il volto ingabbiato nel sarcofago è “sporcato” da frasi come testimonianze di vita non sviluppate appieno che nella chiusura della cassa trovano una valenza fine a se stessa, prive del referente sono segmenti che godono di vita autonoma ed indipendente, come il volto che ne è rinchiuso non ha nome o storia: (ri)vive entro il legno della cassa.
Maxi Screen risulta essere una vera e propria antologica dell’attività artistica di Gianfranco Grosso, una mostra affascinante anche nell’allestimento particolarmente felice. Nell’artisticamente “viva” Venezia della Biennale, Maxi Screen rappresenta un bel completamento.Andateci.
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Essere sensibili ai giovani talenti è una cosa, avere il potere di promuoverli ed esportarli è un'altra: Totem non ha un sito, non ricordo di averla vista ad Artefiera, né ad Artissima o a Miart, né è tra le gallerie selezionate per Basilea. Qualche anno fa (una decina?) credo abbia partecipato alla kunstmesse di Francoforte, ma non credo ci sia stata nelle ultime 2 edizioni. Non ho visto pubblicità sulle riviste specializzate (vi invito a notare, invece, lo sforzo che ha fatto il gallerista mantovano Bonelli con Caterina Notte). Diciamo che sono forse poco informato e sarò contento di essere smentito da qualche amico di Ex.
decisamente splendide le opere di questo govane artista. Sono d'accordo con Po sul fatto che meriterebbe vetrine più interessanti, anche se la prestigiosa galleria Totem-Il Canale è sensibile ai giovani talenti.articolo ben fatto.
Vista! Opere bellissime, fuori dal coro. Grosso è soprattutto pittore... anche se non usa la pittura. Impossibile sottrarsi alla tentazione di toccare le opere per saggiarne le qualità tattili e materiche.
In questa mostra poi, il pittore mostra la sua continua sperimentazione in termini di tecnica e supporti. Un eclettismo che non tradisce le attese. Gli auguro la fortuna che merita: occorrerebbe che un gallerista di quelli più agguerriti nel campo della promozione della giovane arte italiana si accorgesse di questo artista. Tutto il rispetto per Totem, una galleria che ha certamente alle spalle una storia luminosa.
Un bell'articolo, un artista interessante.Sul fatto delle gallerie, non so se è il caso di Grosso, ma a volte sono gli stessi autori che scelgono i loro percorsi espositivi, tenendosi fuori da circuiti momentaneamente appariscenti. Non conosco la galleria in questione, però è lodevole che abbia aperto il suo spazio a questo artista, in tempi in cui c'è l'abitudine di non rischiare