Si potrebbero aggiungere milioni di parole e migliaia di pensieri per raccontare Venezia. Anzi, l’immagine di Venezia, visto che la città forse nemmeno esiste ed è solo l’infinita somma algebrica delle visioni e delle percezioni di tutti quelli che vivono e transitano nella Laguna, oppure oltre il ponte che collega la terraferma al ventre del
pesce (così come l’ha definita Tiziano Scarpa in un fortunato libro-guida della città). Un intelligente progetto ideato e condotto da tre importanti istituzioni -l’Accademia di Belle Arti di Venezia, la Facoltà di Arti Visive dello Iuav e la Staatliche Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe- ha stimolato alcuni dei propri studenti a una ricognizione della città lagunare, seguiti, tra gli altri, da figure importanti nell’ambito fotografico come
Armin Linke ed
Elger Hesser. Si è attivato così un meccanismo di partecipazione attiva, di workshop, come testimonia la presenza di foto scattate sia dai ragazzi che dai docenti. E non sono mancate le piacevole sorprese tra i lavori (tutti a colori) collocati sulle pareti della galleria, nonostante più di qualcuno fosse alla prima seria esperienza con la fotocamera.
Una delle prime impressioni che si ha è la notevole differenza nel grado di maturazione del linguaggio fotografico. Ci sono infatti studenti che danno l’impressione di aver sviluppato una certa consapevolezza del proprio lavoro, unita alla capacità tecnica di utilizzare apparecchi di grande formato. È il caso del lavoro realizzato con grandangolo spinto,
Kreutzer, dal duo
Jyrgen Überschär–
Malte Bruns, all’interno di un modernissimo edificio in costruzione (forse un centro commerciale, un aeroporto); o dei due scatti notturni di
Andrea Magaraggia, con luci che illuminano gli angoli di calli e campielli. Altri invece, ma com’è inevitabile in autori così giovani, risentono dei modelli di riferimento adottati: è il caso di
Roberto Sartor che, nei pur interessanti paesaggi ripresi in laguna, utilizza il fuori fuoco tipico di
Olivo Barbieri; o di
Paolo Zamolo, che ricorda molto le situazioni visive care ad Armin Linke, presente nella mostra assieme ai colleghi insegnanti Elger Hesser,
Guido Cecere e
Stefano Graziani.
Per quanto sia arduo potersi fare un’idea con al massimo due o tre lavori, sono una sorpresa, per intensità e poeticità, le due foto della terra toccata dal mare di
Georg Malfertheiner e, soprattutto, i
Senza titolo realizzati a quattro mani da
Killian Ochs e
Joscha Steffens. Uno, realizzato in un cortile, ritrae degli studenti mentre probabilmente inscenano una performance o girano un film; l’altro è una ripresa di una stanza studentesca, al limite della visibilità ma carica di struggente suggestione.