La Mostra
I curatori Claudio Strinati e Rossella Vodret hanno ben pensato di rivalutare opere del ‘600 Emiliano sin da troppo tempo vittime di un inspiegabile disinteresse ad opera del circuito delle storiche mostre che negli anni ’50 portò alla conoscenza del grande pubblico i dipinti della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma. Questa esposizione ha reso possibile la verifica delle attribuzioni tradizionali, e lo studio di capolavori sino ad oggi ignorati, in giacenza nei depositi di diverse sedi delle Istituzioni dello Stato. La mostra che Palazzo Zabarella ospita è incentrata sul lavoro artistico di Giovan Francesco Barbieri (detto il Guercino, nato in quel di Cento nel 1951 e morto a Bologna nel 1688) che allievo “non ufficiale” di Ludovico Carracci (1555-1619) seppe distinguersi dagli altri rappresentanti del panorama artistico Emiliano, imponendo il proprio vigore stilistico fondato su particolarissimi effetti di luce coniugati con l’insegnamento dei Maestri veneziani circa il colore.
Il numero delle opere esposte è abbastanza contenuto, ma tuttavia l’esibizione sembra assolvere egregiamente al compito di “informare” circa l’attività artistica del XVII secolo presente in una Bologna così intellettualmente viva e culturalmente creativa. In una città che offriva rinnovati stimoli e che si vantava di essere la sede di una delle più antiche università d’Europa non poteva di certo mancare la presenza di diverse desinenze artistiche: dalla più solenne, alla più popolare. La mostra si sviluppa così seguendo un rigido ordine cronologico in ragione di una maggiore accuratezza verso l’individuazione dei diversi “motti” artistici da una parte, e a favore della definizione del contesto artistico caratterizzante il periodo, dall’altra. Non mancano cenni al manierismo, o esempi di pittura “aulica” dei fondatori dell’Accademia degli Incamminati (Annibale Carracci ed i suoi seguaci), od ancora gli spunti “dinamici” del Lanfranco o il neoellenismo di Guido Reni. In sintesi, Palazzo Zabarella, propone capolavori a fianco di quadri minori, in modo da garantire una visione il più esaustiva possibile del periodo interessato. Bisogna riconoscere che la disposizione delle opere è ben riuscita, e che ogni dipinto gode del “giusto” spazio: non vi sono soffocamenti o dipinti troppo isolati; tutte le sale offrono una buona (direi ottima) visione dei quadri; anche la disposizione dei faretti appare efficace: non c’è quella luce estesa che tende ad appiattire le opere, ma neppure quella concentrazione di fasci luminosi diretti sui dipinti che impediscono la corretta visione…vi sono piuttosto dei discreti faretti che creano un equilibrato “isolamento” del dipinto dal resto, ma che tuttavia non va ad incidere violentemente sulla tela, ma anzi risponde bene alle difficoltà di illuminazione che i lavori ad olio di solito comportano, limitando al minimo il fastidio dei riflessi.
Non credo siano da sottovalutare questi aspetti organizzativi, anzi…molto spesso l’esito di una mostra (accantonato il fattore Soggetto, naturalmente) dipende anche dalla piacevolezza della visione delle opere esposte, quindi, a maggior ragione ci si deve complimentare nel caso non si riscontrino problemi di questo tipo. Ammirare capolavori come il “Ritratto di Beatrice Cenci” di Guido Reni, ricco di sfumature e di un affascinante chiaroscuro, o la febbricità dei toni azzurri di “Saul contro David” del Guercino, non risulta certo ottimale se sporcato da luci inadeguate, o costretto gomito a gomito con altri dipinti…
Guercino
Ludovico Carracci, rivolto all’amico Ferrante Carlo disse a proposito del Guercino: ”un giovane di patria di Cento che dipinge con somma felicità di invenzione”, ed ancora, che “si porta eroicamente”. Già queste parole sono indice dell’abilità pittorica del maestro bolognese, se non del temperamento “originale” rispetto le propensioni artistiche degli altri pittori a lui coetanei. Di formazione autodidatta, Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, per via dello strabismo, ha perfezionato il proprio stile sulle opere di Ludovico Carracci in un primo momento, e accresciuto il proprio bagaglio grazie ai viaggi effettuati in quel di Firenze e nella “coloristica” Venezia. Un esempio del Guercino “prima-maniera” lo si ha con l’opera “S. Girolamo in atto di sigillare una lettera” (recente scoperta, considerata per settant’anni come una copia dell’opera conservata in collezione Patrizi a Roma, e che invece oggi gli viene attribuita in qualità di prima redazione del più famoso esemplare romano) dove la forza del colore in simbiosi con l’audacia delle forme (quasi protobarocchi) viene a definirsi proprio grazie a spiragli di luce “ad effetto” (tutti elementi che in un certo modo l’artista manterrà anche nelle opere future).
Col soggiorno romano effettuato negli anni ’20, il maestro ebbe modo di conoscere i massimi esponenti del classicismo romano: Agucchi e Domenichino. Grazie a questi contatti il vigore stilistico del Guercino trova una sorta di “idealizzazione”, ed in questo senso la serie dei quattro Evangelisti (ora perduta) rende bene l’idea del mutamento stilistico approntato (Palazzo Zabarella esibisce il “San Luca”, una copia eseguita nella bottega del Guercino, sotto il suo attento controllo, e che forse presenta anche qualche suo diretto intervento).
A ritorno da Roma, il maestro vide “crescere” la propria bottega (in competizione con quella di Guido Reni) grazie anche alla fedele partecipazione dei fratelli Gennari (Lorenzo, Cesare e Benedetto) che risultarono come i suoi più fedeli interpreti.
Bisogna ricordare che l’attività delle botteghe, in quel periodo, era pratica comune…e che lo stesso Guercino ricorreva all’ausilio dei suoi allievi per produrre copie dei capolavori futuri. L’attenzione con la quale questi dipinti venivano eseguiti testimonia la difficoltà dell’attribuzione di diverse opere; in effetti gli allievi seguivano e “imparavano-interpretavano” lo stile del maestro sotto il suo diretto controllo, rendendo complessa l’individuazione della mano del Guercino da quella degli allievi anche a distanza di anni. (Palazzo Zabarella mostra anche il lavoro di Bottega con diverse opere). Il Guercino “maturo” caratterizzerà i suoi dipinti di intonazioni classiciste, alleggerirà le forme e le composizioni, attenuerà la vivacità cromatica…insomma, aderirà sempre più allo stile pittorico di Guido Reni (Per citare un esempio di questo periodo presente alla mostra farei riferimento allo splendido “Allegoria della Pittura e della Scultura”) anche se non mancherà di rendere vive sottili differenze che lo faranno riconoscere come un tempo i suoi primi dipinti.
Kranix
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Le opere presentate in questa pagina sono eccellenti...guardate quel quadro del Domenichino...caspita !!!
meglio, e di molto, il naturalismo dell'eccentrico Guercino. La prima maniera dello strabico è assolutamente "fuori" da ogni stile, o troppo "dentro" a tutti, compresi quelli a venire.
cioè ricapitolando il Reni era a Bologna un po il figo della situazione? Un po come il Sanzio a Roma? Non è male parlare di pettegolezzo un po dai...
Per riproporre un dibattitto dell'epoca. Meglio il naturalismo dell'eccentrico Guercino o l'eleganza e il classicismo della star Guido Reni?
Sono d'accordo con Antonio: le "luci" e le "ombre" del primo Guercino sono di una bellezza stupefacente. Ma spezzo una lancia anche per il tardo Guido Reni, con la sua pittura di puro spirito, assolutamente commovente. Direi che il risultato della 'competizione' è pari.
ma siiii che dolcezza che soavità...EVVIVA LA PITTURA BOLOGNESE, VA RISCOPERTA ASSOLUTAMENTE
Vi ringrazio tutti per i messaggi inviati.
Fa piacere vedere che un articolo (e in particolare una mostra) riscontri il favore altrui. vi esorto a continuare così
Ottima l'analisi storico-artista della personalità del Guercino e dei contesti,
complimenti e grazie
avrei voluto trovare maggiori informazioni sulle opere di guido reni