Le opere di
Marco Gastini (Torino, 1938) esposte in galleria sono quasi tutte datate 2008, tranne le due che accolgono il visitatore all’inizio della mostra,
Rimbalzo tra gli echi del blu (1996) e
Riflesso nel segno (2004-05). In queste ultime, di grande formato, si ritrovano tutte le tensioni pittoriche e scultoree di Gastini, i colori, i materiali di vario genere e, soprattutto, le pietre d’ardesia.
I materiali messi in campo nell’opera del ‘96 sono gli estremi fra i quali Gastini gioca il destino di questo stesso lavoro: la parete bianca fa da superficie e, su di essa, senza un perimetro preciso, sinuoso si adagia il contenuto, ossia piccole tele in sequenza, precedute da linee irregolari in ferro, che orizzontalmente richiamano i flussi leggeri dell’aria. Nella seconda opera – in cui si prefigurano le concezioni dei lavori futuri – sei vetri si alternano, verdi e blu, informali, mentre nella parte bassa della tela emerge un breve accenno di colore nero e macchie blu.
Il seguito del percorso espositivo testimonia della ricerca attuale di Gastini. Al termine della visita, impressa nella mente rimane la memoria dei colori: il blu, il madreperla che cangia secondo la luce, il nero, il bianco, i grigi plumbei.
Nell’ombra degli echi, lo spazio della tela, chiaro, prevale al centro, e in basso due spesse linee blu e nera si accavallano, mentre in alto tutto è sovrastato da calchi di alluminio fissati sulla superficie. Una sorta di cielo, forme che ricordano antichi materiali ritrovati e riutilizzati in lavori scultorei. In
Soffio, invece, tutto corre orizzontalmente, con una parca stratificazione pura di pigmento blu, e il colore marrone chiaro delle aste in bronzo sullo sfondo bianco.
Le scaglie di ardesia sono la costante in queste opere, come in
Nel mese di maggio (2007). In una macchia blu cobalto sono conficcate piccole pietre piatte, una vicina all’altra, da cui cadono, accennati, graffi di grigio, come pioggia, sullo sfondo madreperlaceo; in basso, un’altra macchia blu, speculare a quella superiore. Una poesia di
tache, protagoniste della pittura, mentre l’ardesia e la pietra rappresentano la componente sculturea. Ne risulta una tensione che dall’interno fuoriesce all’esterno, e non v’è più certezza riguardo allo spazio della tela e al suo perimetro.
È la stessa tensione che si riscontra nei lavori dove l’alto e il basso non sono il frutto di una contrapposizione formale, ma un tutto che lievita. Come se la materia fosse colta da una leggerezza improvvisa, e si alzasse dal suolo per restare eternamente sospesa, fluttuante.