Come la politica influenza l’arte e viceversa, recita il titolo della mostra, apparentemente beffardo e velato d’ironia. Ma dimostrato alla lettera dal lavoro di
Daniel Knorr (Bucarest, 1968; vive a Berlino) e pensato appositamente per la padovana Fondazione March.
La sua poetica è solita puntare su interventi minimal dal carattere concettuale, che riflettono, seguendo traiettorie inusuali, intorno a determinati aspetti politici. Nel padiglione rumeno della Biennale di Venezia del 2005, per esempio, con la sua opera
European Influenza, trattò un argomento come l’estensione della Comunità Europea ai Paesi dell’Est. Non espose praticamente nulla, avendo però cura di lasciare in vista quei pochi segni rimasti sulle pareti dall’allestimento precedente.
In questo caso è il muro che divide gli uffici della Fondazione dalla sala espositiva a porsi al centro della sua attenzione. Lo stesso muro che, in occasione delle elezioni politiche dell’aprile scorso, è stato spostato in una scuola per delimitare lo spazio riservato alle votazioni. Le riprese seguono tutti i passaggi di quel viaggio, mettendo in rilievo le differenti funzioni svolte nei due particolari contesti. L’opera vuole però andare oltre, ponendosi soprattutto come una sorta di attivatore di coscienza sociale: è questo il senso più profondo -né ironico né beffardo, stavolta- del lavoro di Knorr. Inoltre, a corredo, su una parete laterale sono appesi i disegni che costituiscono lo storyboard. Caratterizzati da una discreta cura formale, sono stati creati come traccia per il cameraman incaricato della realizzazione delle riprese.
Nondimeno,
Carlo Zanni (La Spezia, 1975; vive a Milano e New York) provoca fin da subito la curiosità del visitatore, scegliendo come project room il bagno dell’edificio, in cui sistema il suo video
My Temporary Visiting Position From the Sunset Terrace Bar (2007). Lo spazio è angusto, ma se l’idea è quella di richiamare l’intimità e il concetto di privacy in contrapposizione a uno stile di vita, il nostro, improntato all’obbligo e al dovere non stop (“
always on”, come efficacemente scritto nel comunicato stampa), tale scelta si può rivelare quantomeno appropriata.
Anche qui il titolo dell’operazione (
When The Class is Boring I Go To The Bathroom), collegato probabilmente a ricordi liceali, esemplifica con humour l’intenzione dell’artista. Il piglio informale dell’intervento lo si denota ancor prima d’entrare, vedendo il post-it giallo attaccato alla porta sul quale l’artista ha scritto a biro una breve introduzione. Dentro la stanza si trova il piccolo lettore video, camuffato da saponetta, con le colature asciugate sul supporto, a sottolineare tra l’altro una certa accuratezza nel lavoro mimetico.
Trattasi di
data cinema, come battezzato da Zanni stesso, e riguarda la combinazione di cinema e internet. Il video appare come un patchwork preciso e studiato: un contesto intermediale dove s’intrecciano spazio e tempo differenti, suggerendo temi come la migrazione e l’esilio. Una cosa risulta, infine, certa: la funzione “distraente” della stanza ne esce ulteriormente potenziata.