Un sottopasso. Uno di quegli attraversamenti pedonali che sono il percorso obbligato per le persone che se ne vanno al lavoro al mattino o che corrono di fretta verso casa al pomeriggio. Qui, in un non-luogo che potrebbe essere ovunque, scopriamo un’altra umanità, fatta di simpatici omini colorati che fanno tutto quello che in città facciamo noi. E viene quasi il dubbio di essere noi a copiar loro.
La mostra di Josef Rainer (Bressanone 1970), organizzata dal Centro Nazionale di Fotografia, ha un senso speciale nel posto in cui è stata ambientata: in un luogo di passaggio i Percorsi urbani si animano e si incrociano fino ad invilupparsi. Ed ecco quindi le lambda print montate su alluminio (a colori e in bianco e nero, tutte rigorosamente quadrate) che mostrano omini e donnine di gesso colorato, alte 30 cm senza viso né occhi, in pose e atteggiamenti umani. L’artista costruisce i pupazzetti nel proprio studio e poi li porta in giro in luoghi simbolici della città per ritrarli. La scelta di inquadrare i soggetti ad altezza terra e con corte focali sfalsa i rapporti dimensionali tra i soggetti: l’effetto è quello di una somiglianza umana che spiazza e diverte. Il titolo della serie, realizzata nel 2003, è Metropolis, che da un lato richiama il tema del doppio del capolavoro di Fritz Lang e dall’altro sottolinea quasi parodisticamente l’aspetto antiurbano/metropolitano. E Rainer racconta −non proprio originalmente ma senza alcuna facile retorica dell’alternatività− dei posti marginali, dimenticati, abbandonati alla polvere della periferia industriale, destinati ad essere quasi inorganici alla città ed al flusso antropico, come i depuratori o le centrali elettriche. E qui i suoi omini non solo lavorano indefessamente, ma trovano anche il tempo per scambiarsi qualche tenerezza.
Il contrasto tra finzione e realtà è portato con tagliente ironia verso un’ottica teatrale, con il compiacimento dello spettatore che nei pupazzetti può vedere e riconoscere fatti ed azioni della propria vita. Le opere delle serie successive sono invece più solari e con una carica ludica ancora più spiccata, grazie anche alle ambientazioni squisitamente cittadine ed ai colori sgargianti. Memorabile l’immagine che è stata scelta come copertina del catalogo: due pupazzetti freakettoni lavorano con il martello pneumatico in mezzo ad un cantiere stradale a fianco a veri operai mentre sullo sfondo sta passando un autobus. Ma gli omini di gesso animano simpaticamente anche la sala della mostra: tinteggiano le pareti, si danno da fare tra i coni catarifrangenti dei lavori stradali, appendono manifesti, lavano le vetrate. O semplicemente, come un probabile carcerato con maglia e pantaloni a righe bianco e nere, scappano da qualche urbana prigione.
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