Se c’è riuscito Eccher a Torino, perché non replicare? Il
centrifugato d’arte per affinità elettive ha ingolosito Walter Guadagnini per
PastPresentFuture. Il titolo simil-cronologico, ma
senza soluzione di continuità, marca le correlazioni tra le 80 opere estratte
dall’esercito-raccolta di UniCredit Group. Un manipolo traghettato dal
Kunstforum di Vienna al Palazzo della Ragione di Verona e che punta dritto – non
prima del 3 giugno, però – a Istanbul, Capitale della Cultura 2010.
Dal soglio del progetto UniCredit&Art, Guadagnini ha
vagliato il maxi-caveau da 60mila pezzi – una bazzecola pari al Pompidou – con
opere eterogenee dal XVI secolo a oggi, confluite dall’innesto di sette banche
nel gruppo dal 2002. Smistato l’amalgama in sette mucchi tematici, il
condottiero ha incrociato gli assi di tempo e spazio, orchestrando nella prima
sezione
On classic l’Ottocento di
Hans Makart e
il Novecento dei fratelli
de Chirico/
Savinio. Nell’ibrido orizzonte spuntano
il Kuntshistorisches di Vienna e l’Archiginnasio bolognese dei compagni di
scuola
Thomas Struth e
Candida Höfer,
rasenti al Colosseo di
Olivo Barbieri.
Forma unica dalla varietà – in catalogo
E pluribus unum
– si ottiene con
la formula del bucato per colori diversi, messa in pratica dall’allestimento di
Studio Gris. Così
On classic è immersa in un blu maestoso
, in cui spicca il candore di
Tre
per tre (ognuno è nessuno e l’altro) di
Giulio Paolini, e sfuma nei toni aurei degli
Objects of
Desire, scarti
nobilitati dal Mida
Schwhitters o fiori e frutti trasfigurati in
desiderata da
Ruoppolo, e da
Warhol e
Morandi tre secoli dopo.
Nel mezzo, un catino scrostato simbolo della rassegna.
Schüssel di
Tony Cragg trabocca di frammenti ricomposti
in nuova forma. L’opera, arrivata da HypoVereinsbanck di Londra, è citata già
da Harald Szeemann a monito degli istituti italiani (esclusa Capitalia), per
anni legati all’arte antica e territoriale, mentre le
corporate collection europee (vedi credito londinese o
Bank Austria)
rimpinzavano
i depositi d’astri nascenti globalizzati.
Vero è che la mostra – sottotitolo:
Arte per la città – vive anche grazie al tocco
local di Fondazione Domus, costola
della scaligera Cariverona, che apporta al magenta di
On Geometry l’arcaico monolite del veronese
Legnaghi,
contrappunto al
Desktop di
Eškinja. Domus scandisce poi coi bianchi
e neri di
Basilico il tramonto del segmento
Metropolis, mito-morte da
Fritz Lang declinato da
Vitali,
Tillmans e
Philip-Lorca di Corcia, mentre il grande
Vedova del 1960 seziona a colpi d’ascia
la sanguigna
Body Talk, dominata da
Richter,
Long e
Nitsch.La nero-pellicola
Face to Face è rallegrata da
Cagnaccio di
San Pietro di
Cariverona, da cui distraggono le facce buffe di
Goya, quelle tormentate di
Rainer e
gli ercolanesi risuscitati da
Mimmo Jodice. Le
Barene a Burano di
Gino Rossi – sempre Domus – completano
l’altro tassello monumentale del composit dopo il classico.
Sublime and Picturesque ha il verde di Madre Natura
eternata da
Daubigny,
Baselitz e
Gursky,
maestro di silenzi e moltitudini. Nel turbine firmato Guadagnini è a suo agio
la
Donna che nuota sott’acqua di
Arturo Martini, guida ideale tra gli scossoni di corsi e ricorsi.
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ero curiosa di leggere la recensione, ma in sostanza impressioni o opinioni sulla mostra non sono neanche abbozzate. Sembra un compito in classe