Dopo gli anni ’10 il Futurismo va ad insediarsi nei piccoli centri italiani, nelle province. Sono più di cento i gruppi nazionali che Enrico Crispolti definisce “i luoghi del futurismo”, ognuno di questi collegato alla mente coordinatrice di Filippo Tommaso Marinetti.
La città di Verona propone quest’anno una piccola ma esauriente retrospettiva su quei protagonisti che introdussero il movimento in città. Si tratta del gruppo Umberto Boccioni (il grande
Particolarmente degni di nota i Manifesti, con i quali veniamo accolti all’inizio della mostra: il Manifesto futurista per la scenografia del teatro lirico all’aperto all’Arena di Verona (1932), il Manifesto futurista sulla cravatta italiana (1933), il Manifesto futurista per la città musicale (1933), il Macchinesimo (1933), il Manifesto dell’aerosilografia (1941).
Di Renato di Bosso (1905-1982) sono presenti in mostra due ottime sculture in legno dalle linee eleganti e modernissime: l’aeroscultura “Paracadutista” del 1935, dall’accentuata proiezione gravitazionale e dal morbido groviglio di volumi che si snodano come, appunto, un paracadute appena rilasciato e il “Balilla”. A conti fatti lo stile scultureo di Di Bosso risulta più vicino al Thayaht “traiettivo” che al Boccioni aerodinamico di “Forme uniche…”. Più trascurabile invece la scultura “Frate Francesco ” che rientra nel filone tardo dell’arte sacra futurista.
Dell’aeropittore Alfredo Gauro Ambrosi (1901–1945), tra i fondatori e più attivi artisti del movimento futurista scaligero, sono esposte alcune vedute (ovviamente aeree) di Verona, Lago di Garda e scene varie di battaglia dipinte nel decennio che va dal ’32 al ‘42. La pittura di Ambrosi non scardina i principi dell’ortodossia aeropittorica ed è a dire il vero abbastanza tradizionale nella fattura. Manca la sua opera più nota quel celebre “Volo su Vienna” esposto all’epoca in tutta Europa e definito da Marinetti “il capolavoro dell’aeropittura documentaria”.
L’artista Verossì (1904–1945), che la leggenda narra si sia visto affibbiare tale pseudonimo proprio da Marinetti, è presente con alcuni acquerelli di piccole dimensioni raffiguranti una storia di Romeo e Giulietta rivisitata in chiave futurista, mentre di Teobaldo Mariotti ci vengono proposti
Immancabile in ogni mostra futurista che si rispetti la presenza di opere sul tema dello sport come espressione del dinamismo corporeo umano così decantato dal movimento. E’ ancora Renato Di Bosso, che proprio sul tema dello sport era stato visto recentemente all’esposizione SportArte di Predappio con un “Tennista ” del ’63, a proporci sei silografie, anzi “aerosilografie”, che raffigurano altrettanti sport: atletica leggera, ippica, regate a vela, pallacanestro, pugilato, paracadutismo.
Infine le celebri cravatte in alluminio, “inventate” proprio qui a Verona e indossate da Scurto, Di Bosso, Verossì, e Sacchetti nella foto che correda il celebre “Manifesto futurista sulla cravatta italiana ”, e che testimoniano la volontà di rivoluzione estetica totale del movimento.
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marco mancin
mostra visitata il 30 novembre 2002
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