Artista a 360° per carattere e formazione (ha studiato all’Accademia Albertina di Torino, all’Accademia Fidia di Cosenza e ha ottenuto una borsa di studio presso la Franklin Furnace Foundation di New York),
Davide Bramante (Siracusa, 1970) rivela simpaticamente di praticare la fotografia non per scelta ma per esclusione. E, come tanti autori che hanno “ripiegato” su quest’arte per le stesse motivazioni -la storia della fotografia è cosparsa di casi esemplari-, lo fa così bene da essere “conteso” da gallerie sparse per il mondo. Grande viaggiatore, Bramante ha vissuto a lungo lontano dalla Sicilia e dalla sua Natale; eppure, oggi può affermare con maturità e consapevolezza che ogni viaggio inizia sempre da casa e che la sua America è la Sicilia.
Le sue opere nascono da doppie e multiple esposizioni “non digitali”, come recita la didascalia che le accompagna. Rappresentano le città e i paesaggi nelle loro stratificazioni artistiche, storiche e culturali. Ecco allora dalla cattedrale barocca di Siracusa affacciarsi i personaggi dipinti dal
Mantegna nella Cappella Ovetari di Padova, oppure dalle pendici innevate dell’Etna stagliarsi il Tempio di Apollo e innestarsi, nel contempo, l’autostrada Siracusa-Catania. Questo crea una inverosimile quanto idealmente probabile unità spazio-temporale, che per Bramante non è solo un pretesto estetico-formale, ma un modo di intendere il senso della “contemporaneità” nell’arte.
L’opera di
Alexandre Marchi (Essey-lès-Nancy, 1975; vive a Nancy) colpisce, invece, per l’indiscussa armonia delle forme e per l’equilibrio compositivo e coloristico mai scontato, ma sempre volutamente ricercato. Pur lavorando come fotoreporter per diverse agenzie giornalistiche, continua a coltivare un gusto tutto personale e non meramente documentario per l’indagine e la scoperta, che lo porta a cogliere visivamente dettagli e sfumature apparentemente nascosti.
La nebbia, il gabbiano, la “dinamicità” delle persone e delle macchine, l’equilibrio cromatico della natura e degli oggetti, tutto viene elaborato con cura, nei minimi particolari, e ci viene poi restituito con estrema “naturalità”. Mettendo insieme immagini di edifici, strade, persone e cose, Marchi configura la città nella sua dimensione sociale e culturale, compiendo un’operazione sottile, fotograficamente accurata, culturalmente pregnante, che permette di riconoscere una città come New York in poche essenziali linee geometriche o di cogliere la vivacità dei suq grazie alle sapienti inquadrature dall’alto. Attraverso la lettura dei dettagli con cui “descrive” Place Stanislas possiamo infine comprendere i sentimenti profondi e diversi che lo legano alla sua città d’origine.
Sarà dunque vero che per Alexandre Marchi come per Davide Bramante il viaggio comincia sempre da casa. Dove, dopo aver viaggiato tanto e aver arricchito il proprio bagaglio di esperienze, è sempre un piacere tornare.