È un interessante progetto quello che presenta in galleria
Marco Cingolani (Maslianico, Como, 1961; vive a Milano): una trentina di lavori recenti incentrati sull’apparizione mariana, tema così desueto nel dibattito iconografico dell’arte contemporanea – sebbene rappresenti uno dei generi pittorici più presenti nella storia dell’arte – da essere piacevolmente controcorrente.
La posizione dell’autore è chiara: la sua è una volontà di riportare al centro dell’attenzione i
Percorsi della fede che danno il titolo alla mostra; di rendere appetibile, sexy, visivamente intrigante un soggetto che ha perso ogni richiamo artistico ed è solo lateralmente parte del dibattito culturale e mediatico.
Il tentativo di riportare in auge un soggetto non solo cristiano ma spiccatamente cattolico ricorda il recupero della pratica pittorica degli anni ‘80, secondo la nota teorizzazione di Thomas McEvilley avanzata in
The Exile’s Return; similmente, Cingolani auspica di attualizzare un genere – quello religioso, e in un’ottica non dissimile dai precetti controriformisti del Concilio tridentino – che non può esclusivamente esser relegato al passato. Il tutto, però, non è scevro d’implicazioni personali, da cui emerge un artista militante e con uno spirito missionario: “
Forse, mi piacerebbe contribuire a riportare nel mondo un sentimento, una disposizione verso il sacro e lo spirituale, verso dio, mettiamola così. Ma in particolare verso il dio giudaico cristiano. Non quello gnostico o new age. Vorrei contribuire con una virgola pittorica a ripresentare al mondo i doni di dio sulla terra”.
La sua pittura si alimenta così di visioni coloristiche che manifestano le apparizioni delle madonne di Lourdes o Fatima, di macchie di rosso e giallo in cui sono relegati al margine i soggetti umani. La centralità dell’evento religioso-misterico è sottolineata anche dal fatto che Maria è rappresenta in forma semplificata, quasi aniconica, la cui centralità è data dalla rivelazione e dalla luce emanata, piuttosto che dalla forma compiuta dei tratti somatici e delle vesti.
In
Bernadette contro Nietzsche e Marx è invece la giovane pastorella a confrontarsi con due dei padri della modernità (che recano rispettivamente in mano la scritta
Ubermensch e una copia del
Capitale), che risultano decisamente tronfi e altezzosi, nella loro ambizione.
Si avverte nei lavori in mostra l’afflato religioso di Cingolani, il cui percorso è per molti aspetti simile a quello compiuto da
William Congdon; si sente la sua intelligenza, la sua cultura, la volontà di confrontarsi con la storia della pittura. Eppure c’è qualcosa che non convince. Il suo stile e le sue modalità di rappresentazione sono infatti non lontane da quelle delle illustrazioni che si trovano a corredo dei libri di catechismo per bambini, cosa che a taluni potrebbe nemmeno dispiacere, ma che peccano di una sovrabbondanza di didascalicità. C’è insomma un eccesso di progetto, si coglie più il predicatore che vuol convincere che il pittore che mostra, rischio fortissimo quando ci si misura con questo tema.
Si segnala, a corredo della mostra, il bel catalogo con testi di taglio giornalistico di Pia Capelli e Camillo Langone, che raccontano l’artista evitando inutili masturbazioni intellettuali, con un piglio fresco e al passo coi tempi.
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ammazza che bravo pittore astratto! che raffinatezza di soluzioni!un quadro diverso dall'altro, meglio di Montesano!e poi dicono che in italia non si fa una pittura aggiornata! certo che il futuro se non l'attuale comittente non sarà però il mercato internazionale ma piuttosto Formigoni o la compagnia delle opere!