L’ombra della foresta si dilata nella progressione dei profili montuosi, incombendo sugli stretti margini di una strada apparentemente inaccessibile, i rami lunghi e intricati come segni di una divinità con gli occhi chiusi.
I paesaggi di Byoung-Choon Park (1966) – per la prima volta in Italia, negli spazi espositivi dell’Università Ca’ Foscari – sono calligrafia di un’apparizione, rappresentazione della forma quieta e imprecisa che le sensazioni assumono nel ricordo dei luoghi. Park, che insegna pittura all’Università Hongik di Seul, riprende la tradizione del paesaggismo, molto forte nella storia dell’arte coreana, per ibridarla con elementi del contemporaneo. Tutta la sua produzione è incentrata sullo studio del mezzo pittorico, fino all’estremo risultato dello sconfinamento della forma e del colore nello spazio, in installazioni ambientali che istituiscono un rapporto prospettico con il fruitore, invitato a immergersi nella visione.
Così, per la personale a cura di Hyun Joo Choe, nella nutrita compagine degli eventi collaterali della 56.a Biennale di Venezia, sono state esposte una serie di opere realizzate a inchiostro muk su carta hanji – un tipo di carta fatta a mano, ricavata dalla corteccia interna di gelso, un albero originario delle montagne della Corea – e due grandi installazioni, che entrano pacatamente negli ambienti percettivi, alternando giochi di nero, macchie sfumate di colore e fruscii soffusi.
La mostra è scandita da una monumentalità rigorosa. Tutte le opere, anche quelle su carta, estendono la rappresentazione silenziosa oltre il limite dei supporti, saturando le sale. L’allestimento riesce a ritmare questa eccedenza percettiva, diluendo la successione delle immagini, per evitare contrasti e sovrapposizioni, e mantenendo una linea visiva coerente con le grandi campiture scure, dosando la luce.
Il tratto è rapido, orientato a quella struttura essenziale delle cose che, all’osservatore silenzioso, appare sempre caratterizzata da un’eleganza inconsapevole. Il paesaggio è sfocato o sconosciuto, si staglia tra il fondo della memoria e il brandello del sogno, come emanazione di una possibilità che non si può comprendere pienamente. Lo sfondo da cui emergono montagne e boschi, non è mai un elemento fisso, avanza e retrocede nella composizione, seguendo un’armonia di inspirazione e sfogo, attirando in un mistero velato. In questa scenografia fluttuante, l’intervento antropico è una giustapposizione fuori contesto, sottolineata da un cromatismo stridente. Tale accostamento, però, si gioca sul minimo intervento, piccole sagome di divani e aeroplani fuori scala, figurine di paracadutisti e deltaplani, sono inseriti come ritagli effimeri, parti residuali dell’inconscio oppure osservatori da una dimensione esterna.
Collected landscape, la grande installazione che dà il titolo alla mostra, è la manifestazione più evidente della poetica di Park e una critica alla voracità della globalizzazione, che sacrifica la tradizione sull’altare dei processi economici. 130 grandi fogli di paesaggi, realizzati con inchiostro e pennello sul motivo della pittura cinese shan shui, sono appesi a minacciosi ganci da macellaio sorretti da tubi d’acciaio, creando strettissimi corridoi di pigmenti e forme da percorrere. Attraversando il fruscio indistinto delle materie che sfregano, confondendo la strada tra le macchie affastellate di colore sfumato, ci si sente immersi in una corrente sottile, pur rimanendo estranei al tutto.
Mario Francesco Simeone
mostra visitata l’8 maggio
Dal 9 maggio 2015 al 30 agosto 2015
Byoung-Choon Park, Collected landscape
Università Ca’ Foscari – Ca’ Foscari Esposizioni
Dorsoduro, 3246 – 30123 Venezia
Orari: 10.00 – 18.00, chiuso il martedì
Info: www.unive.it