La Joffe, alla soglia dei quarant’anni, si presenta oggi come un’artista matura, che ha saputo, dopo i successi nel contesto del New Neurotic Realism, con Ron Mueck, Cecily Brown e Martin Maloney, e della Bad Painting con Dawn Mellor & C., risalire la china di un periodo non proprio felicissimo. Sovresposizione, inflazione del mercato con troppe opere e troppe mostre, qualche anno fa sembrava, se non bruciata, almeno un po’ declassata. Negli ultimi tempi invece è riuscita a riconquistarsi la ribalta grazie ad un lavoro rigoroso e ispirato. E quando si dimostra di saper superare congiunture poco favorevoli spesso si diventa inattaccabili, perché a quel punto non c’è più moda che tenga. Neanche se si chiama Triumph of Painting e il regista è Saatchi.
Oggi Chantal Joffe (St. Albans, 1969) si presenta con inediti collage. Nel nuovo medium si muove con disinvoltura ed è sorprendente la sua capacità di tradurre il pathos e la drammaticità tutta gestuale, tipica della sua pittura, nei ritagli di cartoncino colorato.
A sentir lei, le composizioni nascono in fieri, senza alcun progetto. Sarà, ma è difficile crederle. Ogni frammento di carta è un tassello che scava nell’animo del personaggio ritratto, ne racconta una sfaccettatura, un’esperienza; addirittura la scelta delle carte sembra tutt’altro che casuale, a volte liscia e traslucida, a volte increspata. Anche il taglio è ora morbido, ora vivo e tormentato.
Le classiche figure femminili della Joffe
La temperatura si è certamente raffreddata rispetto alla norma istintiva precedente, i cromatismi piatti sostituiscono la cruda e graffiante pennellata tipica, eppure, proprio quella gelida introspezione psicologica del personaggio, carica i lavori di un’energia malinconica, di una sofferenza più vera perché non urlata, non sbandierata ma piuttosto malcelata, mascherata e pertanto intima e profonda. Bambole ferite, pallide marionette dagli occhi scavati che, alla maniera pasoliniana, si chiedono “che cosa sono le nuvole(?)”.
La contraddizione tra il modello di una bellezza ideale e il tormento di una solitudine struggente trova in questi lavori un nuovo equilibrio: assottigliandosi in uno sbiadito cliché la scorza esteriore, l’anima fallisce il riscatto, dissolvendosi inascoltata nel vuoto della luce e dell’ombra.
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