Lato A e lato B. Ai tempi del nastro magnetico musicale esistevano due lati con connotazioni ben precise: il lato A come introduzione e marchio della musica che si intendeva fare, ed un lato B, destinato ad atmosfere diverse, magari più sofisticate e ricercate, che permettevano di esprimersi in maniera più intima e originale.
In un certo senso la suddivisione dello spazio destinato alle opere dei due artisti Chiara Lampugnani e Drue Langlois rispecchia questa logica. Push away one sculputer è l’opera presente nella SIDE A della galleria Perugi artecontemporanea a firma della giovane Chiara Lampugnani: un elefante a grandezza naturale realizzato in materiale plastico e gonfiato ad aria, con sistemati all’interno una serie di neon ad illuminarlo in modo innaturale. La SIDE B invece propone Pencil sketches, una serie di venti lavori a matita su carta A4 di uno dei membri della Royal Art Lodge, Drue Langlois:
L’opera di Chiara Lampugnani è il frutto di una ricerca e di uno studio ben precisi. La scelta del materiale, l’analisi volumetrica, la creazione virtuale del soggetto, la sistemazione ottimale delle luci neon, il calcolo all’elaboratore dell’incidenza dell’aria. Uno story board contemporaneo che non ha lasciato niente al caso. Se in passato l’artista milanese si è dedicata alla realizzazione di opere a neon, con questa invece vuole sondare lo spazio e valutarne i mutamenti. In un certo senso la proposizione tematica è quella dei contro luoghi, di quegli ambienti reali e non, che convivono all’insegna di uno stato onirico soggettivo. La presenza di una forma tridimensionale così imponente contrasta con l’aria che la compone, e allo stesso modo il bianco asettico della struttura è terreno fertile ai “glitter” delle illuminazioni interne.
Un ottimo inizio per la Perugi artecontemporanea nello spazio espositivo nuovo, che ha saputo indicare in modo limpido le direttrici future della galleria e forse anche del mercato.
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bello l'elefante,
grandi R.A.L.
mitico KRANIX!!!
ciao, bianconiglio
In bocca al lupo, Chiara!
Ho sempre creduto in te.
Per la cronaca, riporto il profilo critico che ho pubblicato per il concorso di Fonopoli. Credo possa essere esplicativo per ripercorrere il tuo excursus artistico.
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Chiara Lampugnani gioca in un mondo in cui la cultura artistica è fortemente presente a sostenere l'intuizione mentale e la creazione del “bello”.
Dalle prime esperienze care all'artigianato – ha iniziato realizzando arazzi – l'artista oggi sfrutta un medium, il neon, partendo da un'ideazione squisitamente mentale, elaborata e schematizzata con l'ausilio del computer poi “messa in opera” da tecnici specializzati seguendone scrupolosamente il progetto.
Da Fontana a Merz, da Kosuth a Naumann, il neon giunge a caratterizzare lavori distanti e con esiti formali differenti, sposandosi spesso felicemente con materiali poveri che “riscaldano” l'effetto freddo dell'algida luminescenza.
Lampugnani “crea” i suoi “oggetti fragili” rappresentando l'illusione, seppure fisicamente presente, del nostro immaginario… Ci invita a salire sulla scala-neon tra splendide architetture, ad accomodarci placidamente in giardino sulla sedia-neon accanto al tavolo-neon, a pedalare sul triciclo-neon, tra il verde o sospesi nell'aria, passeggiate fantastiche accompagnate da melodie avvolgenti.
L'“oggetto-lucciola” , come lo definirei, è un oggetto archetipo con cui Lampugnani risveglia, installandola di volta in volta in un differente contesto che ne “giustifica” sempre e nuovamente il significato, quello che il nostro desiderio di uno SPAZIO ONIRICO cerca. Il triciclo sospeso nell'aria è la ricerca di innocenza e purezza agognata o il ricordo degli anni spensierati dell'infanzia lontana… è senza tempo, non come la sedia che ci rimanda al periodo dell'architettura razionalista, comunque risvegliando quel gusto di revival caro al nostro momento storico… o senza tempo, come la scala essenziale e pulita, solamente “utile”.
Lo “spazio onirico” in cui ci porta Lampugnani è generato dalla forza evocativa della sua arte, priva di falso intellettualismo aperta all'illusione che diviene buona, reale e “materializzata”.
Giusy Caroppo,
critica d'arte e responsabile della sez. Arti Visive di Fonopoli