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27
ottobre 2009
fino al 31.X.2009 Ayano Yamamoto Padova, Semplicemente Contemporaneo
venezia
Nella pittura liquida di Yamamoto, la pelle è orecchio, organo percettivo. Attraverso questa superficie di contatto (e rifiuto) fluisce la dinamica vuoto/pieno. E la diafana pellicola diviene ineffabile spazio pittorico...
Pelle è la prima personale italiana di Ayano Yamamoto (Kanagawa, 1979; vive a Venezia).
Nella mostra, curata da Alessio Cardin, la sensibilità dell’artista asiatica
incontra la cultura pittorica occidentale, mettendo in luce alcune linee
d’intersezione naturale.
In generale, i modelli estetici occidentali sono affatto
diversi da quelli giapponesi, rispetto alla cui tradizione figurativa il
concetto stesso di estetica risulta improprio. Il disegno e la pittura nipponici
tendono infatti a un’azione unitiva, che non isoli la teoria dalla prassi. Il
vuoto, inteso come componente essenziale della realtà, e in ciò distinto dal
nulla, è al centro della pratica artistica e del pensiero giapponese, che lo
assume dal buddismo zen.
Nel campo integrato dello spazio vuoto (anatta), campo dei fenomeni ove fare e
conoscere
coincidono, al gesto minimo corrisponde il massimo di senso e, nell’esercizio
della tecnica, di qualità. Il vuoto è; come la cavità interna del vaso è parte del vaso, come la pausa tra
i suoni è
parte della musica.
Nella serie dei disegni su carta, Yamamoto risolve sempre
la composizione nel rapporto tra lo spazio bianco e alcuni radi elementi
grafici non simmetrici, sintetici. Con lo stesso criterio sono costruiti i
quadri. La preponderanza dello spazio libero sugli elementi puntuali inseriti
nei dipinti ricorda il color field painting e i campi vivi di luce pulsante di Mark Rothko. Corpi e cose, dissolti in una
sorta di delicata nebbia atmosferica, richiamano i modelli pittorici di matrice
turneriana, in cui l’oggetto è ridotto a una quasi-astratta radiazione
luminosa. Ma anche le delicate modulazioni del tonalismo veneto, che l’artista
scopre ora.
I soggetti sono, apparentemente, facili. Donne, coppie, azioni e oggetti semplici.
E spazio aperto. Uno spazio agito da Yamamoto con la forza educata della
pittura. Il vuoto non è decorativo, ma concentrato, come nell’àskesis zen. Questi dipinti appaiono come
meditazioni pittoriche, attraverso le quali si avverte l’efficacia
dell’oggetto. Nel vuoto si compie l’azione. Il colore attiva un’ondulazione
quieta ma decisa. Lo spazio è atopico, sciolto, fluido.
Attraverso un ritmo dialettico-fisiologico, un moto
respiratorio, il vuoto si collega al pieno, nel rifiuto di un dualismo che è coproduzione
condizionata. Una
volta posto il rapporto dello spazio con l’oggetto, l’artista procede
all’ablazione di quest’ultimo. Così, le trasparenze epidermiche di una pelle sottile, membrana sensibile, si
fanno spazio inter-sinaptico, luogo di confine, di contatto e distanza.
Lo stile incarna dunque la tradizione conoscitiva: nelle
velature luminose e nella morbida rarefazione del colore vi è una
testimonianza emotiva d’impermanenza, della transitorietà di tutte le cose. Sfiorandosi,
nella complessità di un rapporto tattile problematico, coesistono
contemporaneamente. Presenti e agite in uno spazio che è, semplicemente,
con-sentito, contemporaneo.
Nella mostra, curata da Alessio Cardin, la sensibilità dell’artista asiatica
incontra la cultura pittorica occidentale, mettendo in luce alcune linee
d’intersezione naturale.
In generale, i modelli estetici occidentali sono affatto
diversi da quelli giapponesi, rispetto alla cui tradizione figurativa il
concetto stesso di estetica risulta improprio. Il disegno e la pittura nipponici
tendono infatti a un’azione unitiva, che non isoli la teoria dalla prassi. Il
vuoto, inteso come componente essenziale della realtà, e in ciò distinto dal
nulla, è al centro della pratica artistica e del pensiero giapponese, che lo
assume dal buddismo zen.
Nel campo integrato dello spazio vuoto (anatta), campo dei fenomeni ove fare e
conoscere
coincidono, al gesto minimo corrisponde il massimo di senso e, nell’esercizio
della tecnica, di qualità. Il vuoto è; come la cavità interna del vaso è parte del vaso, come la pausa tra
i suoni è
parte della musica.
Nella serie dei disegni su carta, Yamamoto risolve sempre
la composizione nel rapporto tra lo spazio bianco e alcuni radi elementi
grafici non simmetrici, sintetici. Con lo stesso criterio sono costruiti i
quadri. La preponderanza dello spazio libero sugli elementi puntuali inseriti
nei dipinti ricorda il color field painting e i campi vivi di luce pulsante di Mark Rothko. Corpi e cose, dissolti in una
sorta di delicata nebbia atmosferica, richiamano i modelli pittorici di matrice
turneriana, in cui l’oggetto è ridotto a una quasi-astratta radiazione
luminosa. Ma anche le delicate modulazioni del tonalismo veneto, che l’artista
scopre ora.
I soggetti sono, apparentemente, facili. Donne, coppie, azioni e oggetti semplici.
E spazio aperto. Uno spazio agito da Yamamoto con la forza educata della
pittura. Il vuoto non è decorativo, ma concentrato, come nell’àskesis zen. Questi dipinti appaiono come
meditazioni pittoriche, attraverso le quali si avverte l’efficacia
dell’oggetto. Nel vuoto si compie l’azione. Il colore attiva un’ondulazione
quieta ma decisa. Lo spazio è atopico, sciolto, fluido.
Attraverso un ritmo dialettico-fisiologico, un moto
respiratorio, il vuoto si collega al pieno, nel rifiuto di un dualismo che è coproduzione
condizionata. Una
volta posto il rapporto dello spazio con l’oggetto, l’artista procede
all’ablazione di quest’ultimo. Così, le trasparenze epidermiche di una pelle sottile, membrana sensibile, si
fanno spazio inter-sinaptico, luogo di confine, di contatto e distanza.
Lo stile incarna dunque la tradizione conoscitiva: nelle
velature luminose e nella morbida rarefazione del colore vi è una
testimonianza emotiva d’impermanenza, della transitorietà di tutte le cose. Sfiorandosi,
nella complessità di un rapporto tattile problematico, coesistono
contemporaneamente. Presenti e agite in uno spazio che è, semplicemente,
con-sentito, contemporaneo.
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24 settembre al 31 ottobre 2009
Ayano
Yamamoto – Pelle
a cura di Alessio Cardin
Spazio Semplicemente Contemporaneo
Via
Quarnaro, 1 – 35134 Padova
Orario: solo su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0442771352; mob. +39 3472956281; info@semplicementecontemporaneo.com;
www.semplicementecontemporaneo.it
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