Un vecchio adagio francese recita: “
Il talento non
aspetta il numero degli anni”. È indiscusso, il genio si manifesta dai primi vagiti.
Il passare del tempo piuttosto rende evidente la solidità di fondamenta
geniali, mostrando gli strati di conseguenze che vi si puntellano.
Osservando il lavoro concepito da
Italo Zuffi (Imola,
Bologna, 1969; vive a Milano) per
La seconda origine alla Galleria Contemporaneo di
Mestre – che con l’accumulo di strati ha molto a che fare – è impossibile non
riconoscere un
big bang di ben altra portata: l’
Antiform di
Robert Morris. La cosmogonia originatasi dall’articolo
del 1969 di quest’ultimo su “Artforum” nasce quasi all’unisono con l’artista
bolognese, e vi lascia un segno più che tutti gli astri della costellazione Minimal.
Già nel 2003, all’epoca della monografia
Mystery boy pubblicata dalla Galleria
Continua di San Giminiano, i
28 Frammenti di Nicolas Bourriaud “attorno a” Italo Zuffi
ravvisano in lui bagliori degli
anni ‘60. Soprattutto nei titoli, che Zuffi lascia svanire fino all’ultimo
granello, quel
Senza titolo non più generico, ma appellativo di un manufatto
artistico. Molto più anonime le sue
Repliche, apparentemente puri prodotti
edili, senza un titolo semplicemente perché non lo necessitano. Meglio la
tautologia del materiale di cui sono fatti questi coppi, lastre, forati e
solai.
Mentre riecheggia lontano
less is more, si svela però l’arcano e l’ironia
che distingue Zuffi dai padri minimal: tautologico non è
Marmo Trani o
Portoro. Straordinaria e non ripetitiva è
invece proprio la materia delle opere, realizzate rigorosamente a mano. Altro
che banale laterizio edile: “
Scolpire scanalature perfette [e mattoncini simil-Lego, N.d.R.]
equivale a dar la forma a un gomito o un naso”, puntualizza Riccardo Caldura.
Qui sta la chiave di volta dell’intera mostra e il
contatto più diretto col mistico ascetismo di Morris. Resettando il concetto di
riproduzione (automatica) e tornando al “genetico” (umano), la vita e il mondo
subiscono una palingenesi totale: ogni individuo riappare come un cosmo,
visibile nell’orifizio nasale di quattro volti anonimi “replica(n)ti” in
altrettante fotografie.
Così le
Tasche di tessuto applicate su blocchi di seredite (gesso “vergine”)
sono simbolo della stratificazione di ogni singolo granello di polvere nel
petto di ciascuno, e gli aforismi nella sala successiva non sono altro che
riflessioni sull’esistenza di un secondo Paradiso Terrestre.
“
Hai ricevuto questo incarico: impastare”, si legge qui e là. “
Il mondo
sonnecchia tu impasti lacrime e sperma. Tutto il materiale genetico che ti
porti dentro”.
Parole sul “
basico primario” che ha in sé l’artista demiurgo così come l’uomo comune.
Stesso tenore per le didascalie a commento d’immagini paleolitiche ritrovate in
Spagna, nelle grotte di Cantàbria, recitate da due attori per la performance
inaugurale.
In sintesi, ciò che fece Morris in
MirrorFilm del 1969, realizzando le parole
della
Repubblica di Platone (“
Basta che tu prenda uno specchio e lo volga da ogni parte.
Rapidamente creerai il sole, i corpi celesti, la terra”), quarant’anni dopo riaccade a
Mestre. Con marmo, carta bianca e fotografica, il magma primordiale della
storia dell’arte.
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Complimenti a Zuffi che è un artista molto raffinato. Piaccia o non piaccia è uno di quelli che avrebbe meritato di rappresentare l'Italia alla Biennale di Venezia.
Gentile Redazione di Exibart,
con riferimento alla recensione di Beatrice Benedetti della mia recente mostra personale a Mestre, pubblicata su Exibart, desidero far presente che in quell'articolo si citano, alterati, alcuni passaggi estrapolati da un mio testo in mostra. In particolare, l'autrice riporta tra virgolette le seguenti frasi:
"Hai ricevuto questo incarico: impastare"; e "Il mondo sonnecchia tu impasti lacrime e sperma. Tutto il materiale genetico che ti porti dentro".
Questi passaggi non trovano però corrispondenza con il testo originale. L'espressione "impasti lacrime e sperma", in particolare, non appare in ogni caso in nessun punto del mio testo. Riporto allora qui di seguito le frasi corrette contenute nel mio testo in mostra e a cui l'autrice pare riferirsi, con richiesta di pubblicazione a rettifica di quelle, distorte, contenute nell'articolo:
"Hai ricevuto questo incarico: impastare, non farti domande."; "Il mondo sonnecchia, tu impasti."; "Tutto il materiale genetico che porti dentro, tutta la genesi che porti dentro."
Italo Zuffi
...mea culpa...ha fatto bene Italo Zuffi a correggere, a me ormai non era più possibile
anticipare le virgolette.
Ora preciso e anzi rivendico il copyright del basico primario “lacrime e sperma”, una suggestione assolutamente mia!
Tuttavia mi permetto di pubblicare la prima (e più informale) parte della replica dell’artista, che cortesemente mi ha fatto avere il direttore Riccardo Caldura, per evitare che faccia sempre un po’ troppo rumore un albero che cade, rispetto alla carta che credo “cresca” tra le mani di noi giornalisti (di Exibart e non solo):
“ciao riccardo.
leggo ora la recensione su exibart di beatrice benedetti.
a me pare una buona recensione, che comunica una certa energia e soprattutto propone una lettura della mostra come convivenza tra minimalismo e primordialita', che trovo spunto coraggioso”.
Spero stavolta di aver citato alla lettera e anzi ringrazio dell’apprezzamento e soprattutto della sentita correzione.
Beatrice Benedetti