C’è una poetica nitida e razionale dietro i lavori di Federico Maddalozzo (San Vito al Tagliamento, 1978). Un pensiero basato sulle dinamiche scientifiche e percettive, tali da mandare all’aria la pomposa idea di colore che è naturalmente connotata all’arte, e alla pittura in particolare. L’approccio è rigoroso, vicino a quello di fisici e studiosi di astronomia; l’analisi è tagliente.
È la luce ad essere protagonista. Non la luce intesa come rivelazione romantica né tanto meno quella agonica delle avanguardie del secolo appena passato. Niente di tutto questo: è il lato fisico a venire analizzato, nello stretto rapporto tra colore e riflessione. Il punto vista dell’osservatore è tale da condizionare la realtà.
Una parete è stata ricoperta da oltre milleduecento cartoncini (Maybe#05), stampati ciascuno con un colore Pantone -uno dei più usati standard industriali- e il codice che universalmente lo classifica. La parte colorata di ogni cartoncino è stata taglia in maniera tale di avere due alette rettangolari, una piegata verso l’alto e una verso il basso, che riflettono due tonalità differenti della stessa tinta, e quindi due colori differenti. Basta questo a negare l’universale identificabilità del colore, della sigla che lo definisce (Un codice è appunto il titolo dato alla mostra), ma anche l’uniformità del phenomenon che diventa sempre vincolato, dipendente dallo spettatore e dalla posizione che assume.
In questo modo, l’oggettività descrittiva del codice colore naufraga nell’aporia soggettiva della percezione. Rivelandoci, in ultima istanza, i limiti epistemologici di ogni impressione visiva.
La pittura ad olio di Darren Murray (Antrim, Irlanda del Nord, 1977) è caratterizzata dall’uso di tinte forti, con colori piatti e molto saturi. I fondali accesi -rosso scarlatto e blu elettrico- urtano, fino quasi ad inghiottire la trama superficiale di montagne, paesaggi alpini, laghetti e cascate, delineati sinteticamente e con colori più dimessi solo nei bordi e nella volumetria. Sono i paesaggi bucolici che occupano il nostro immaginario, quello che le agenzie di viaggio propongono per le nostre vacanze, quelli dei nostri desideri di evasione da realtà e vite sin troppo insoddisfacenti. A questo si sovrappongo, ai bordi delle tele e realizzati con colori in contrasto rispetto al fondo, uccelli (Bavarian Alps) e fiori.
Sebbene stratificata e ibrida, cólta nei riferimenti all’arte orientale e alla floricoltura, la sua pittura può essere ricondotta in seno alla cultura pop d’oltremanica, mai attiva come negli ultimi anni, che Murray ha rappresentato anche all’ultima biennale veneziana.
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