Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
12
marzo 2009
fino al 31.XII.2009 Capolavori futuristi Venezia, Guggenheim
venezia
Anche Venezia celebra il movimento futurista. Con un percorso dinamico, costruito intorno alla ricca collezione di Gianni Mattioli, prestito a lungo termine del museo. Per seguire da vicino la genesi e lo sviluppo dell’avanguardia che ha cambiato il secolo...
Con le sedici opere di scuola futurista della collezione Mattioli, alle quali si aggiungono per l’occasione prestiti pubblici e privati (un totale di 35 fra dipinti, disegni, sculture e xilografie), il museo veneziano si unisce ai festeggiamenti per il centenario della pubblicazione del Manifesto e per la nascita dell’avanguardia più originale del primo Novecento.
Ufficializzato il 20 febbraio 1909 (anche se la prima uscita risale al 5 febbraio, sulla “Gazzetta dell’Emilia”) dalle parole del jeune poète italienFilippo Tommaso Marinetti, suo massimo teorico, il Futurismo interpreta la spinta modernista del nuovo secolo, il progresso che va declinandosi in velocità, vorticismo, interventismo, patriottismo, di lì a poco guerra.
Il pensiero di Marinetti prima e poi dei cinque firmatari del primo manifesto della pittura l’anno successivo (Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, tutti rappresentati in mostra) è la cartina al tornasole del nuovo sentire che avanza, “sgombrato da mummie” con azioni programmatiche e tese a seppellire ogni anacronismo “nelle più profonde viscere della terra”. Abili manipolatori mediatici, influenzano e si lasciano influenzare dalle linee centrifughe della storia, rianimando la scena artistica italiana con intuizioni, gesti e linguaggi ai quali gli altri “ismi” del secolo – cubismo e dadaismo in testa – non potranno non rivolgersi per consacrarsi al pubblico di massa.
La mostra, cronologicamente ben distribuita, evidenzia l’aspetto corale e cosmopolita dell’esperienza artistica. Due sezioni distinte ma complementari: un proemio al nuovo culto del “futuro”, omaggio a un mondo definitivamente in movimento (“Tutto muove, tutto corre, tutto volge rapido”), attraverso la pennellata divisionista della Campagna padovana di Umberto Boccioni (1903, dopo l’incontro con Balla), il Nudo (studio). Giovane triste in treno di Marcel Duchamp (1911) fonde in sé sperimentazioni cubiste e futuriste (come il più conosciuto Nudo che scende una scala); e poi il ciclista ritto sui pedali per la volata finale di Al Velodromo di Jean Metzinger (1912), le piccole xilografie di Edward Wadsworth (Cantanti di strada e Città dall’alto, del 1914-16), testimonianze di una realtà artistica inglese piacevolmente incline alla poetica marinettiana.
Nella seconda sala, una serie di opere accorpate per autore (ai cinque vengono affiancati Ottone Rosai, Mario Sironi e Ardengo Soffici, futuro direttore di “Lacerba”). Fra tutte, Mercurio transita davanti al sole e Profondità dinamiche di Balla, lo studio per La città che sale, Dinamismo di un ciclista, tre studi a inchiostro per Stati d’animo di Boccioni (presente anche con tre opere scultoree, tra cui una fusione di Forme uniche della continuità nello spazio), La galleria di Milano e Inseguimento di Carrà, Solidità nella nebbia di Russolo, Mare=Ballerina di Severini.
Stando ai futuristi, il mondo è riservato “ai giovani, ai violenti, ai temerari”. Provocatoria iperbole sotto la quale si scorgono sovente e fortunatamente note di acceso lirismo, come in Materia di Boccioni: il ritratto dell’anziana madre che, silenziosa, domina la scena dal balcone della casa milanese e dalla cui compenetrazione dinamica dei piani e delle atmosfere emergono con intimo affetto – quasi in una citazione michelangiolesca – le possenti mani.
Ufficializzato il 20 febbraio 1909 (anche se la prima uscita risale al 5 febbraio, sulla “Gazzetta dell’Emilia”) dalle parole del jeune poète italienFilippo Tommaso Marinetti, suo massimo teorico, il Futurismo interpreta la spinta modernista del nuovo secolo, il progresso che va declinandosi in velocità, vorticismo, interventismo, patriottismo, di lì a poco guerra.
Il pensiero di Marinetti prima e poi dei cinque firmatari del primo manifesto della pittura l’anno successivo (Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, tutti rappresentati in mostra) è la cartina al tornasole del nuovo sentire che avanza, “sgombrato da mummie” con azioni programmatiche e tese a seppellire ogni anacronismo “nelle più profonde viscere della terra”. Abili manipolatori mediatici, influenzano e si lasciano influenzare dalle linee centrifughe della storia, rianimando la scena artistica italiana con intuizioni, gesti e linguaggi ai quali gli altri “ismi” del secolo – cubismo e dadaismo in testa – non potranno non rivolgersi per consacrarsi al pubblico di massa.
La mostra, cronologicamente ben distribuita, evidenzia l’aspetto corale e cosmopolita dell’esperienza artistica. Due sezioni distinte ma complementari: un proemio al nuovo culto del “futuro”, omaggio a un mondo definitivamente in movimento (“Tutto muove, tutto corre, tutto volge rapido”), attraverso la pennellata divisionista della Campagna padovana di Umberto Boccioni (1903, dopo l’incontro con Balla), il Nudo (studio). Giovane triste in treno di Marcel Duchamp (1911) fonde in sé sperimentazioni cubiste e futuriste (come il più conosciuto Nudo che scende una scala); e poi il ciclista ritto sui pedali per la volata finale di Al Velodromo di Jean Metzinger (1912), le piccole xilografie di Edward Wadsworth (Cantanti di strada e Città dall’alto, del 1914-16), testimonianze di una realtà artistica inglese piacevolmente incline alla poetica marinettiana.
Nella seconda sala, una serie di opere accorpate per autore (ai cinque vengono affiancati Ottone Rosai, Mario Sironi e Ardengo Soffici, futuro direttore di “Lacerba”). Fra tutte, Mercurio transita davanti al sole e Profondità dinamiche di Balla, lo studio per La città che sale, Dinamismo di un ciclista, tre studi a inchiostro per Stati d’animo di Boccioni (presente anche con tre opere scultoree, tra cui una fusione di Forme uniche della continuità nello spazio), La galleria di Milano e Inseguimento di Carrà, Solidità nella nebbia di Russolo, Mare=Ballerina di Severini.
Stando ai futuristi, il mondo è riservato “ai giovani, ai violenti, ai temerari”. Provocatoria iperbole sotto la quale si scorgono sovente e fortunatamente note di acceso lirismo, come in Materia di Boccioni: il ritratto dell’anziana madre che, silenziosa, domina la scena dal balcone della casa milanese e dalla cui compenetrazione dinamica dei piani e delle atmosfere emergono con intimo affetto – quasi in una citazione michelangiolesca – le possenti mani.
articoli correlati
Futurismo alle Scuderie del Quirinale
gaetano salerno
mostra visitata il 19 febbraio 2009
dal 18 febbraio al 31 dicembre 2009
Capolavori futuristi alla Collezione Peggy Guggenheim
a cura di Philip Rylands
Collezione Peggy Guggenheim – Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro 701 (zona Accademia) – 30123 Venezia
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-18
Ingresso: intero € 12; ridotti € 10/7
Catalogo Skira
Info: tel. +39 0412405411; fax +39 0415206885; info@guggenheim-venice.it; www.guggenheim-venice.it
[exibart]