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Fino al 31.XII.2016 | Claudio Costa e Daniele Girardi, Bivacco 17 | La Giarina, Verona

di - 27 Novembre 2016
La galleria veronese La Giarina presenta, fino al 31 dicembre, “Bivacco 17”. La mostra, curata da Luigi Meneghelli, propone l’alchemico incontro di due artisti Claudio Costa (1942-1995) e Daniele Girardi (1977). Due sguardi sul tempo e sulla natura, per certi versi diametralmente opposti essendo l’uno orientato verso la ricerca delle origini primordiali dell’esistenza e l’altro totalmente concentrato sul qui e ora, per altri versi misteriosamente simili laddove percepiamo nei lavori di entrambi un’aura evocativa, quasi mistica, pur nell’immanenza della loro ricerca.
“Un work in regress” quello di Costa, “un work in progress” quello di Gerardi, li definisce Meneghelli, e dopotutto lo stesso Costa aveva dichiarato: “vorrei che il mio lavoro fosse un fiume lavico che dalla foce risalga alla sorgente”. Il ferro arrugginito, il materiale degradato, intaccato dall’uso e dagli agenti atmosferici, i legni, le colle, le radiografie, ricordano in qualche modo certo Informale italiano alla Raccagni, il quale donava nuova vita a ferri arrugginiti e materiali abbandonati che recassero in sé i segni del tempo e della vita. Ma esiste, nei lavori di Costa, una progettualità e una sottile vena di antropologia archeologica, che a Raccagni non interessavano, concentrato più sui materiali che sui nuovi significati che questi potessero creare. Quelli di Costa sembrano inusuali collage metafisici: un enigma si cela in ogni lavoro, testimonianza di un tempo perduto forse, o di un codice segreto della natura. Pensiamo per esempio ad Autoritratto retrodatato, del 1991, in cui a campeggiare su una lastra di ferro arrugginito è la riproduzione di un cranio in sezione, quasi fosse un antico studio di anatomia, affiancato da tre scatti che ritraggono un volto mentre scompare lentamente nel buio; o a La costellazione della Giraffa, del 1979, in cui ripropone la figura della spirale, simbolo di morte e rinascita, di creazione e distruzione, del flusso interminabile dell’esistenza.

A ragione quindi Meneghelli parla di “work in regress” per Costa e “work in progress” per Girardi: se il primo ha mai ormai concluso il proprio viaggio alla ricerca della sorgente, il secondo ha da poco intrapreso il proprio nelle terre incontaminate dei paesi nordici. Il suo lavoro è fatto di pura esperienza, non trova concretizzazione materiale, né lascia testimonianza fisica e tangibile del suo agire. La ricerca di Girardi si basa su un viaggio interminabile, in solitaria, nella natura. Un andare senza meta che si nutre solo di esperienza. Se volessimo proporre un paragone il riferimento sarebbe sicuramente Richard Long e le sue “passeggiate” in contesti paesaggistici e naturali incontaminati al fine di accreditare la relazione tra l’uomo e l’ambiente come “fatto” creativo per eccellenza, intimo e primitivo, privo di ingombranti implicazioni volontaristiche e di ridondanti mediazioni artificiali. A differenza di Long però Girardi non lascia traccia di sé e del suo passaggio. Se quella del landartista è un’esperienza potenzialmente replicabile (grazie alle mappe che documentano il percorso e alle tracce passeggere disseminate lungo il tragitto), quello del giovane veronese è un procedere che non lascia segno alcuno, che non ritornerà più, se non nella memoria dell’artista stesso. A La Giarina Girardi ricostruisce un ideale rifugio, come farebbe nei boschi della Norvegia, e vi colloca zaini, bussole, appunti, mappe, sacchi a pelo, corde, fotografie, disegni, tutto ciò che in un bivacco, in un rifugio in cui un uomo vive solo e a contatto con la natura, può accumulare per finalità pratiche (come mangiare, scaldarsi, orientarsi), o per la semplice volontà di ricordare, grazie a una fotografia, a uno schizzo, a un oggetto raccolto, un particolare momento dell’esperienza del viaggio. Nel video MYR Girardi riprende il suo incedere su una superficie incerta: passi lenti e misurati che esplorano il terreno con cautela temendo di sprofondare da un momento all’altro. “Così, ogni incedere è insieme scoperta e minaccia, conquista e smarrimento” scrive Meneghelli. Ma nulla di più ci narra il video, lungi dall’essere documento che accredita e testimonia: vediamo solo due piedi silenziosi, terra, erba e acqua, nulla di più, nessun paesaggio, nessun orizzonte, nessuna meta, nessun accadimento. Al termine del vernissage della mostra Girardi ha prelevato alcuni elementi dall’installazione ed è ripartito per un nuovo viaggio di cui ci recherà testimonianza tra un mese, al suo ritorno in galleria, per arricchire il suo Bivacco di una nuova esperienza.
Jessica Bianchera
mostra visitata il 24 settembre

Dal 24 settembre al 31 dicembre
Bivacco 17
La Giarina
Interrato dell’Acqua Morta, 82
37129 Verona
Orari: dal martedì al sabato 15.30 – 19.30 (e su appuntamento)
Info: tel +39 045 8032316, info@lagiarina.it

Si laurea in storia dell’arte contemporanea nel 2013 presso l’Università degli Studi di Verona e nel 2018 consegue il titolo della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Da settembre 2013 a giugno 2015 ha lavorato in Spagna a un progetto in collaborazione con la Camera di Commercio di Santander; da ottobre 2015 è cultore della materia per la cattedra di storia dell'arte contemporanea dell'Università di Verona. Scrive per Exibart e altre riviste d’arte contemporanea come Op.Cit. Selezione della critica d'arte contemporanea; da ottobre 2016 collabora con ArtVerona nell’ambito del programma di visite guidate. Nel novembre 2016 fonda l’Associazione Culturale Urbs Picta, attiva nella promozione e organizzazione di eventi culturali al fine di favorire la conoscenza e la fruizione consapevole dell’arte contemporanea. Collabora con musei, gallerie, enti e manifestazioni per progetti di ricerca e di curatela.

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