Qualcosa sta per accadere, o è appena accaduto, nelle fotografie di Philip-Lorca diCorcia. Ogni scatto ferma uno degli infiniti fotogrammi che compongono un’esistenza, ne percepisce l’energia estetica, la teatralità sottesa, lasciando poi alle esistenze il compito di vivere i propri epiloghi. Il tempo si dilata in un interminabile presente, sofisticamente immobile, nitido, colto da inquadrature simboliche –la cornice e il mirino della macchina fotografica- che ci accomunano nell’esperienza voyeuristica dell’autore.
Philip-Lorca diCorcia è oggi uno dei personaggi più rappresentativi di quella Street Photography che ricerca nell’immediatezza vitale del quotidiano la propria scrittura poetica. Erede di una letteratura americana non solo fotografica, trova i propri riferimenti nell’esperienze artistiche di Robert Frank, di William Egglestone (il “padre della color photography”), di Robert Adams, mutuando inoltre un forte interesse per l’ analisi psicologica dei soggetti dall’opera di Walker Evans.
L’appuntamento veneziano con il fotografo statunitense (nato nel ‘53 ad Hartford nel Connecticut) costituisce la più importante retrospettiva mai dedicata all’artista e agli ultimi trent’ anni del suo lavoro e ne propone i più importanti cicli narrativi. Da A Storybook Life (settantasei scatti, diario personale dal 1975 al 1999, in cui storie, personaggi, luoghi si rincorrono e si intersecano negli anni), a Streetwork (ritratti di strada, dal 1993 al 1998, eseguiti con luci stroboscopiche che illuminano i soggetti-passanti isolandoli dal contesto), a Two hours (1999, scatti realizzati in una strada di Cuba, in due ore, dalla stessa postazione), al lavoro introspettivo Heads (2000, primi piani, di grande formato, costruiti con luci intense che stagliano i personaggi su sfondi urbani).
Dal mondo della moda newyorkese, dove a lungo lavora come freelance, desume l’ironia dell’ossimoro, con la quale miscela l’eleganza da copertina di pose auliche, classicisticamente attoriali, con l’assoluta normalità di comunissimi canovacci esistenziali. Il barocco sconfina nel kitsch, scimmiottando il glamour (l’occhio “anti-grafico” di Evans). L’umanità come soggetto-feticcio, in tutte le declinazioni di razza/credo/ceto e in tutte le manifestazioni, è idolatrata e al contempo “anonimizzata” nelle iper-produzioni seriali da reportage: un’Antologia di Spoon River per immagini del villaggio globalizzato in cui individui e luoghi sono dettagli desolati e tragici, seppur ironici e colorati. Simboli di un’America beat elevata all’ennesima potenza: multiculturale, multietnica, multicaotica, impreziosita dalla citazione hollywoodiana e quindi artistica.
La documentazione sociale, liberata da intenti moralistici, diventa azione sociale, intrigante-intrusiva. La foto per la foto, priva di didascalia, nel mondo-palcoscenico, con personaggi dichiaratamente in cerca d’autore: si piange, si aspetta l’autobus, si guarda la tv, si prepara la cena, si balla, si parla, si gioca alla vita. Philip-Lorca diCorcia ritrae –con fiducia- senza aggiungere, senza sottrarre, soprattutto senza perseguire verità probabilmente inesistenti. La realtà è la somma di queste azioni. Ognuno riconosca la propria.
gaetano salerno
mostra visitata il 20 gennaio 2005
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Riguardo "l'immediatezza vitale" e la sua appartenenza alla "street photography" avrei qualcosina da ridire, cmq è scritto molto bene
Ma chi vi autorizza a scrivere tali "baggianate"? cerca di capire prima di chi stai scrivendo...potresti evitare così di scrivere delle grandi cantonate.
Punto di vista interessante. Espresso male ma pur sempre rispettabile. L'arte è un fenomeno opinabile. L'unica differenza è che io le cose che penso e scrivo le firmo. Tu no.
che chosa?.....