Henri Rousseau il Doganiere – ma in realtà bisognerebbe dire il daziere, vista la sua effettiva professione – è un maestro il cui ruolo nelle arti è stato spesso sottovalutato o ridotto a bizzarra eccentricità naif della pittura francese di fine Ottocento.
La bella e elegante mostra a Palazzo Ducale – a cura di Laurence des Cars e Claire Bernardi – ci dimostra in 12 stanze, ciascuna dedicata ad un aspetto tematico o storico della sua produzione, quanto invece Rousseau abbia anticipato un certo gusto che fu piuttosto influente su molta arte del primo Novecento, e con cui anche le avanguardie si dovettero confrontare.
Sala dopo sala, la mostra suggerisce confronti tra le opere del Doganiere e quelle di molti maestri moderni e antichi. A volte i confronti sembrano funzionare meglio – suggestivo per esempio quello tra gli animali di Rousseau e quelli assai buffi di The Peaceful kingdom di Edward Hicks, oppure quello tra i suoi giocatori di football e quelli dell’amico Robert Delaunay; altre volte meno – come nel caso del Trionfo della Fama di Liberale da Verona, associato a I rappresentanti delle potenze straniere vengono a salutare la Repubblica in segno di pace del Doganiere apparentemente solo per la folla di personaggi rappresentata in entrambi.
E in certi casi l’analogia tematica sembra un poco sterile e fine a sé stessa (come nella sala delle nature morte, dove però si possono ammirare splendidi pezzi di Paul Cezanne o Odilon Redon che, diciamocelo, è sempre un piacere).
Dunque l’occasione è buona anche per ammirare capolavori altrui tra i più disparati: come I romantici di Carlo Carrà (l’accostamento Rousseau-Carrà è inevitabilmente frequentatissimo in mostra: il lavoro di Rousseau fu notato e divulgato da Ardengo Soffici nel 1910, e innescò l’immaginario primitivista di molti artisti italiani dell’epoca – vedi la mostra di quattro anni fa a Milano); o la Bottiglia di Bass di Pablo Picasso (menzionato per il celebre banchetto del 1908 organizzato in onore di Rousseau insieme a Guillaume Apollinaire); o ancora lavori di Wassily Kandinsky e altri esponenti del Blaue Reiter (Kandinsky si era interessato molto all’opera di Rousseau, tanto da trattarne diffusamente in un saggio sull’Almanacco, e perfino acquistarne due opere).
Di certo fa la parte del leone la fanno i suoi maggiori capolavori, come il misteriosissimo L’incantatrice di serpenti, o il fantastico La Guerra.
Eppure un fantasma si aggira tra le stanze di Palazzo Ducale, tentando inutilmente di guastare la festa: è quello dell’Autoritratto come pittore di Rousseau, capolavoro attesissimo dalla galleria nazionale di Praga ma mai arrivato (almeno al 16 maggio) per un misterioso incidente di percorso. Al suo posto (orrore e raccapriccio!) una triste riproduzione, un poco ingannatrice, che non riesce tuttavia a guastare il godimento per una bella mostra.
Mario Finazzi
mostra visitata il 16 maggio
Dal 6 marzo al 5 luglio 2015
Henri Rousseau, Il candore arcaico
Palazzo Ducale, Appartamento del Doge, Venezia
Orari: da domenica a giovedì 9.00 – 19.00, venerdì e sabato 9.00 – 20.00