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Fino al 6.I.2002 | Est | Venezia, Fondazione Querini Stampalia

di - 14 Dicembre 2001

che mostrano peculiarità, progressi e strade percorse dalla ricerca artistica di un’area di confine e di sperimentazione per la convivenza tra oriente e occidente.
La Fondazione Querini Stampalia si candida come laboratorio di osservazione della ricerca artistica dell’est europeo: e se può essere utile ricordare che proprio qui è stato ospitato il padiglione croato della Biennale 2001, con la personale di Knjfer, certamente è SMF 5252 il progetto che ha caratterizzato maggiormente l’attività della Querini negli ultimi tempi, con una serie di incontri con curatori e responsabili di musei internazionali e che trova, in questa mostra, uno dei suoi momenti fondamentali.
Nell’ala Scarpa della fondazione sono esposti i lavori di Bajevic, Chichkan e Tomaszewski, in rappresentanza dei rispettivi paesi d’origine, Bosnia Erzegovina, Ucraina e Polonia.
Ilya Chichkan (n. Kiev 1967) espone una serie di foto dedicate a giovane ginnaste. Sulle due pareti della sala si confrontano, da un lato le ragazze in alcune figure con gli attrezzi, dall’altro i volti in primissimo piano, fieramente composti. La fragilità fisica e psicologica delle giovani interpreti della ginnastica artistica femminile si oppone alla rigida disciplina richiesta da questo sport. Il paradosso è raggiunto nell’abbondanza del trucco sui volti di queste bambine adulte, secondo un gusto che sembra richiamare quello tipico della ritrattistica del ‘700 che raffigurava giovanissimi aristocratici nelle vesti ed uniformi da adulti come segno di distinzione sociale.
Dello stesso autore è esposto un video in cui l’artista combatte contro un escavatore meccanico un’inutile battaglia a mani nude: scontata la superiorità della forza del mezzo su quella dell’uomo, il duello si svolge sullo sfondo di un grande ospedale psichiatrico costruito in stile sovietico.
Per entrare nella stanza di Christian Tomaszewski (n. Gdynia, Polonia, 1971) è necessario percorrere in fila indiana uno strettissimo cunicolo. E’ come il pagamento di un pegno, una piccola mortificazione del corpo che permette al visitatore di isolarsi in questo tunnel claustrofobico che dà accesso ad uno spazio parallelo, dove il nero e il bianco si stemperano in infinite variazioni del grigio che toglie la possibilità di percepire distanze e profondità. Il gioco di specchi e di luci amplifica il disorientamento. In un angolo di uno dei due ambienti adiacenti, a terra, un’enorme palla da basket se ne sta immobile, come impazzita dal perpetuo moto di rimbalzo: all’interno di essa si scorge una piccola bocca che ripete ossessivamente un grido metallico.
Già esposta alla Biennale di Istanbul l’opera di Maja Baievic (n. Sarajevo 1967) è di una bellezza straordinaria. Ad un gruppo di donne profughe di Srebrenica l’artista ha chiesto di ricamare alcune frasi celebri di Tito. Le tele realizzate sono state, dalle stesse ricamatrici, lavate per giorni ad un bagno pubblico, fino a consumarsi e a lacerarsi per la maggior parte. I brandelli rimasti sono stati messi ad asciugare, mentre le ricamatrici si lavavano l’un l’altra. Di questo progetto Maja espone due video (uno relativo all’atto del ricamo ed uno della lavatura) e le tele realizzate (o ciò che ne è rimasto). Semplice e profondo, questo progetto appare di grande impegno sociale, estremamente complesso, eppure cristallino, illuminante e geniale: Maja indaga sul lavoro femminile e sulle prassi rituali del ricamo e del bagno, come purificazione e momento di aggregazione; le frasi di Tito ricamate che invitano alla speranza nel futuro della gioventù stridono con la drammaticità dei recenti eventi bellici, mostrando sulla tela consunta i limiti di un’anacronistica oratoria. Tuttavia sembra emergere dall’opera della Bajevic anche un senso di intimo riscatto dalla violenza attraverso il gesto quotidiano e la pratica manuale.
Women at work è un progetto in progress della Bajevic, iniziato nel ’99 a Sarajevo (l’indomani dalla fine della guerra) con le stesse 5 donne profughe invitate a ricamare sulla rete dell’impalcatura della facciata della Galleria Nazionale in restauro. Questa in mostra a Venezia sviluppa il 3° progetto della serie.


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Alfredo Sigolo


“Est”, a cura di Giulio Alessandri e Chiara Bertola
Dal 25.XI.2001 al 6.I.2002.
Venezia, Fondazione Querini Stampalia, Campo S. Maria Formosa, Castello 5252.
Ingresso: intero, € 6.20 (£ 12.000); ridotto € 4.13 (£ 8.000) (gratuito tutti i giorni dalle 10.00 alle 15.00 per i residenti veneziani; il mercoledì per gli utenti della biblioteca).
Orari: dalle 10.00 alle 18.00; venerdì e sabato apertura serale fino alle 22.00. Chiuso il lunedì; info sul catalogo.
Tel: 0412711411 Fax: 0412711445
www.provincia.venezia.it/querini,
quercini.stampalia@provincia.it/querini


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