Hamak nasce nel 1952 a Unterfranken (D), vive e lavora ad Hammelburg, ed ha alle spalle una intensa attività espositiva in gallerie internazionali di primo piano, a partire dagli anni ’80, ma sono ormai numerose anche le partecipazioni a collettive di prestigio, nei musei d’arte moderna di Francoforte, Ginevra e alla Neue Nationalgalerie di Berlino, fino alla presenza a “Materia-Niente”, allestita alla Fondazione Bevilacqua la Masa e chiusasi nello scorso maggio.
Lunghi tempi di lavorazione richiedono questi oggetti di Hamak in forma di parallelepipedo, dalle dimensioni variabili: sono formelle a muro, o monoliti aggettanti, orizzontali, verticali o che si protendono incontro all’osservatore, realizzati con alchemici miscugli di resine industriali, cere, pigmenti e liquidi coloranti. Le pitto-sculture di Hamak solidificano al calore, realizzando così il progetto dell’artista, che tuttavia lascia spazio all’interferenza, al caso, in fondo al genio della natura. E così accade che durante la fasi di solidificazione questi materiali che si illuminano, intrappolando la luce, acquistano trasparenze diafane che lasciano intravedere bolle d’aria e sedimenti che l’artista interpreta e interroga, decidendo di accettare o rifiutare la propria creazione, quasi che la presenza di indistinti fantasmi, ombre, tracce o abitatori intrappolati possa, essa stessa, rappresentare l’epifania
Lo sguardo si perde e sprofonda nel colore come in un gorgo irresistibile o si lascia guidare per mano lungo le linee e le forme geometriche, a misurare uno spazio, a definire l’unico punto di fuga dell’area circostante.
Che significano le opere di Hamak? Nulla. O, meglio, sono prive di significato e, infatti, ciascuna opera è chiamata “Untitled”, quasi per sottolineare la variazione sul tema o per richiamare l’attenzione sulle sole dimensioni e sul colore. Sono forme e geometrie pure, puri cromatismi. Eppure, una volta collocate nello spazio, quelle forme finiscono inevitabilmente per diventarne l’unità di misura, riescono nell’intento di ridefinire le distanze: e dunque una stanza ove campeggi un lungo parallelepipedo aggettante si slancerà all’infinito ma se a dominarla sarà un forma quadrata, allora essa assumerà la forma di un imbuto. Ma se molte delle opere si collocano nel medesimo spazio, allora ha inizio uno strano processo di mutazione continua, frutto del dialogo tra forme e colori, che si incrociano, si svelano e dialogano le une con gli altri: lo spazio architettonico si annulla e tutto si perde. Resta solo la mutazione del monolite, la sua eterna capacità di divenire, e tempo e spazio sono
Informazioni di mercato: Hamak è artista in ascesa; presenza fissa alle fiere di Basilea, è trattato da gallerie di tutto il mondo (D, U.S.A., Fra, I, GB, JP). A fronte di un mercato che può dirsi già internazionale, i prezzi sono ancora relativamente accessibili: le cose più piccole variano dai 4.5 milioni ai 6; il miglior pezzo in mostra, uno spesso quadrato a muro di cm 100 x 100 x 9 dai colori verde-giallo, si tratta intorno ai 18 milioni. Ampia anche la disponibilità di pezzi di grandi dimensioni e varie forme.
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