Il pensiero ecologista è stato una delle tante utopie che hanno animato il “
secolo breve”, quasi dimenticata negli anni appena trascorsi della grande crescita economica, ma che puntualmente si è presentata a bussare alla porta in questo frangente in cui – causa i mille dubbi sul futuro del mondo industrializzato – sta maturando l’attenzione verso uno stile di vita più sobrio e rispettoso dell’ambiente.
Sembra fare i conti con tutto questo
Santiago Picatoste (Palma di Maiorca, 1971; vive a Madrid) – alla sua prima personale alla galleria scaligera dopo il passaggio nel 2008 nella collettiva
Work in Progress – ma senza retorica e senza alcun spirito missionario à la
Beuys. La sua è infatti una pittura che potrebbe considerarsi gestuale, benché sia molto vicina alle modalità iconografiche post-grafittare di
Donald Baechler, caratterizzata dall’uso spiccato del segno di contorno e dall’appiattimento dei soggetti, rappresentati a morfemi bidimensionali e a macchie di colore.
“
I miei codici di rappresentazione fanno riferimento alla città, ai graffiti dei vecchi muri, che rispecchiano il segno dei nostri tempi”, r
acconta l’artista. Infatti, il modo di rappresentazione rapido e senza alcun disegno, l’uso di smalti, il ricorso mirato alle sgocciolature mostrano una passione per modalità adottate nella pratica della street art. Ne escono tele composte a livelli, in cui il lavoro è costruito sulla superficie, per assonanza retinica. Macchie di colore casualmente entrano in conflitto o si sposano cromaticamente con fiori o altri elementi vegetali appena accennati.
Picatoste sceglie di rappresentare solo soggetti naturali, a loro modo esempi di vitalità, grazie alla quale riescono ad adattarsi alle mutate condizioni imposte dall’inquinamento o dall’erosione ambientale. Il suo è insomma un lavoro sulle capacità di vita in situazioni estreme, dove la presenza umana ha imposto radicali ripensamenti tra gli aspetti considerati organici e quelli ritenuti inorganici. È in ultima istanza un lavoro sull’ecologia, senza per questo esser ecologista: “
Il mio obiettivo è mostrare un aspetto della forma naturale che combatte per mostrare il proprio spazio vitale dentro la superficie, creando un caotico dinamismo sotto la facciata dell’ordine quotidiano”.
In galleria, oltre alle tele spesso di grandi dimensioni, anche un video, caratterizzato da un baluginio di pixel colorati animati, e alcuni disegni su carta, decisamente pop.
Come pop è l’ultima stanza, che accoglie un’installazione a parete, visibile pure dall’esterno, costituita da un
wall painting a contorni rossi e blu, puntellato da elmetti da ciclista dipinti, che quasi sembrano palloni colorati da spiaggia. E viene quasi voglia di provare a dare un calcio…