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Fino al 7.V.2017 | Flow arte contemporanea Italiana e Cinese a confronto | Basilica Palladiana, Vicenza

di - 6 Maggio 2017
Sullo scadere della sua seconda edizione, “Flow arte contemporanea Italiana e Cinese a confronto”, si conferma essere più di una mostra, configurandosi come una piattaforma di incontro, un dispositivo per il dialogo tra culture.
Tassello di un percorso nato nel 2015 e curato da Maria Yvonne Pugliese e Peng Feng, Flow afferma il desiderio e la necessità di trovare nuovi canali di comunicazione fra Italia e Cina che avvicinino in modo efficace e fertile le due realtà.
In un mondo di sincretismo culturale e massificazione del gusto, l’arte contemporanea diviene strumento di dialogo per sottolineare curiose analogie e stimolanti differenze nei temi, nei linguaggi, nel pensiero e nelle modalità espressive di artisti provenienti da due contesti apparentemente adiabatici: quello occidentale e quello orientale.
La mostra è organizzata da Associazione Culturale YARC in collaborazione con l’assessorato alla crescita del Comune di Vicenza, con il sostegno dell’Istituto Confucio di Venezia e il patrocinio della Regione Veneto e con la partecipazione delle gallerie Studio la Città di Verona (che ha portato due artisti della propria scuderia: Arthur Duff e Roberto Pugliese) e Giovanni Bonelli di Milano (con Bertozzi&Casoni).
Nell’immenso e mistico spazio della Basilica si incontrano 27 opere di 23 artisti diversi: opere libere in continuità nello spazio, senza forti imposizioni curatoriali, senza temi prestabiliti e senza percorsi obbligati, favorendo così la fruizione dell’arte come esperienza. Un fluire ininterrotto, proprio come suggerisce il titolo, Flow: un naturale scorrimento del pensiero non solo tra due culture, ma anche tra ambiti di studio, come per esempio la filosofia. Già dalla prima edizione Maria Yvonne Pugliese e Peng Feng propongono infatti una riflessione incrociata tra arte e filosofia, invitando quest’anno Marcello Ghilardi (esperto di Estetica orientale, ricercatore presso l’Università di Padova) e Riccardo Caldura (Curatore e docente di Fenomenologia delle Arti Contemporanee e Beni Culturali dell’Età Contemporanea insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia) a intervenire durante FlowTalk, conferenza di apertura tenutasi in occasione del vernissage.
Ma in questa mostra è la voce degli artisti la vera protagonista: invitati a partecipare al progetto, non è stato imposto loro nessun tema, nessun concept da seguire; le relazioni tra le opere sono nate a posteriori, una volta ricevute le opere e l’effetto è sorprendente: nei 1000 mq di open space del Salone del Consiglio dei Quattrocento al primo piano della Basilica palladiana, i lavori degli italiani e dei cinesi sembrano essersi da sempre osservati reciprocamente, si riflettono l’uno nell’altro, recitano discorsi e narrazioni continue. Un gruppo di opere trova come denominatore comune la riflessione sulle cogenti problematiche ecologiche contemporanee. È il caso, per esempio, di Quel che resta della montagna, di Shang Yang, 14 m di puro lirismo in tecnica mista (pittura, collage e decollage) per evocare la distruzione di interi villaggi e di imponenti brani di natura in una Cina in rapido sviluppo economico. Anche Piero Gilardi ci invita a parlare di ecologia con la sua Ecoagorà, opera aperta da usare, in cui possiamo entrare, a cui possiamo partecipare. Le riflessioni sull’ambiente continuano nell’installazione di Dania Zanotto e nelle pitture digitali di Bu Hua, nei quali ritroviamo gli stessi miasmi bituminosi, le stesse nebbie tossiche. Un altro filone che si può individuare tra le opere in mostra è quello dell’uso della tecnologia: sono noti gli esperimenti sul suono in rapporto alle arti visive di Roberto Pugliese o le indagini sui suoni cinematici di Enrico Iuliano (rappresentati in mostra rispettivamente dalle opere Fluide propagazioni alchemiche e RGB); ma anche i cinesi Tian Xiaolei e Cui Xiuwen ragionano sui media tecnologici come strumenti dell’operare artistico: il primo crea un video fantasmagorico in cui mette in scena una fluida ibridazione tra l’umano e la macchina, il secondo – come i due italiani citati – ragiona sul suono, ma questa volta riportandolo alla dimensione della tela: per Cui Xiuwen le vibrazioni dei suoni e dei liquidi sono un’elegante scansione minimalista in bianco e nero. Un terzo gruppo di artisti può infine essere ricondotto al recupero della perizia artigianale e di materiali tradizioni: Geng Xue per esempio indaga le possibilità della materia in un video che parla di corpo, di creazione e di scultura, di tradizione del lavoro e della pratica scultorea (mentre Xue impasta un uomo di argilla, sul video scorrono i sonetti di Michelangelo); Simone Crestani, invece, mastro nella lavorazione del vetro, esalta al massimo le potenzialità di questo materiale con Tensione estetica, un albero fragile e resistente al tempo stesso, pieno e vuoto, presente e assente. Anche i Chao Brothers ragionano sulla materia portando avanti la millenaria tradizione cinese della terracotta: nel loro ambizioso progetto decennale si stanno impegnando nella realizzazione di 108 grandi paia di scarpe con un’indagine quasi antropologia sui tipi e la loro strenua consunzione. Un lavoro che per certi versi ha un sapore grezzo, artigianale, ma contemporaneamente richiama certa Pop Art alla Oldemburg, e non per niente le due calzature prese a campione vengono messe in relazione con le Brillo box di Bertozzi&Casoni, chiara citazione warholiana. A completare la squadra degli artisti di Flow, Aniwar Mamat con un cortocircuito tra tracce analitiche e feltro; Francesco Candeloro con due opere sul tema della città e del rapporto spazio reale – spazio dell’opera; Angelo Formica con ironici collage a tema mariano; Franco Ionda con la sua intensa Soglia del pericolo; Li Binyuan con il video di una performance al limite della resistenza fisica; Li Wei con la sua Sposa dai piedi di loto, uno dei momenti più intensi dell’esposizione. Per proseguire con la video arte ricordiamo anche Eva Marisaldi e la sua esplorazione di un tunnel ferroviario in cui giacciono oggetti mai diventati opera d’arte e torniamo invece all’installazione con Margherita Morgantin i cui profilati in alluminio non saranno MAI finestre. L’Hamletmachine’s Act di Yuan Gong trascende poi molte delle categorie fin’ora individuate: si tratta del video di un intervento artistico che vuole essere sintesi tra teatro, performance e scultura.
Una delle migliori caratteristiche di Flow in effetti è anche l’aver esplorato la totalità dei linguaggi artistici, dei media e delle tecniche: dalla tela alla scultura, dall’installazione al video alla performance.
Last but not least, tre opere site specific che rendono unica questa seconda tappa del lungo e fertile percorso intrapreso da Maria Yvonne Pugliese e Peng Feng: Cristina Treppo ha realizzato per Flow uno dei suoi pavimenti, Pavimento/sgabello, un insieme di elementi modulari a forma (e funzione) di sgabelli che se assemblati formano un pavimento sospeso (proprio come quello attuale della Basilica che nasconde sotto di sé l’antico pavimento a una distanza pari a quella dell’altezza degli sgabelli della Treppo) ma che possono essere utilizzati in più punti della mostra per fruire delle installazioni video o delle video testimonianze degli artisti lasciate a disposizione dei visitatori. La seconda opera site specific è lo straordinario Concerto a Perdifiato di Giovanni Morbin, il quale ha creato questo poetico strumento per parlare a se stessi e ne ha poi fatto un concerto: un’intera orchestra di strumenti a perdifiato si è esibita davanti a un pubblico per 45 minuti di sostanziale silenzio. E infine, Arthur Duff, che con Scatter/Cadaver, proiezione laser verde, chiama a partecipare anche la spettacolare copertura a carena rovesciata della Basilica.
Flow è un dialogo non solo tra artisti, tra culture, tra opere d’arte, tra opere e visitatore, ma anche tra opere e spazio: la mostra infatti restituisce alla vita la struttura originale della sala grazie alla coraggiosa ma riuscitissima scelta di non avvalersi delle sovrastrutture e degli impianti di illuminazione installati per le precedenti mostre. Abbasso il white cube! Il valore mistico di Flow è dato proprio dall’enormità dello spazio in cui vive, dalla luce che filtra – sempre diversa – dalle grandi finestre e da lucernari, dall’immenso soffitto ricoperto in lastre di rame, dal dialogo tra l’antico e il contemporaneo.
Ed è proprio dal dialogo che il progetto di Flow era partito e a cui ora ritorna: dialogo, non solo come strumento per capire ma soprattutto come momento per ascoltare.
Jessica Bianchera
mostra visitata l’1 maggio
Dal 25 marzo 2017 al 7 maggio 2017
Flow arte contemporanea Italiana e Cinese in dialogo
Basilica Palladiana
Piazza Dei Signori
36100 Vicenza
Orario: da giovedì a domenica, ore 10-13 e 17-21
Info: www.mariayvonnepugliese.it

Si laurea in storia dell’arte contemporanea nel 2013 presso l’Università degli Studi di Verona e nel 2018 consegue il titolo della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Da settembre 2013 a giugno 2015 ha lavorato in Spagna a un progetto in collaborazione con la Camera di Commercio di Santander; da ottobre 2015 è cultore della materia per la cattedra di storia dell'arte contemporanea dell'Università di Verona. Scrive per Exibart e altre riviste d’arte contemporanea come Op.Cit. Selezione della critica d'arte contemporanea; da ottobre 2016 collabora con ArtVerona nell’ambito del programma di visite guidate. Nel novembre 2016 fonda l’Associazione Culturale Urbs Picta, attiva nella promozione e organizzazione di eventi culturali al fine di favorire la conoscenza e la fruizione consapevole dell’arte contemporanea. Collabora con musei, gallerie, enti e manifestazioni per progetti di ricerca e di curatela.

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