Un percorso lineare e ben documentato quello presente nelle sale espositive di Palazzo Zabarella. Uno sguardo curioso alle foto (quasi tutte provenienti dalla Biblioteca Marucelliana di Firenze) che ritraggono gli artisti del nascente movimento, per meglio comprendere lo spirito ironico-sarcastico in cui venivano avvolte le straordinarie idee innovative, per poi immergersi nelle opere che illustrano il confronto tra il neoclassicismo tipicamente “accademico” e le innovazioni cui invece miravano gli habitué del Caffè Michelangelo. Qui nascono i Macchiaioli.
Ecco anche una sala allestita con i lavori a soggetto storico, in cui opere come “La cacciata del Duca di Atene” del rigoroso Stefano Ussi, vengono affiancate alle ben più gradite, dai Macchiaioli, narrazioni pittoriche dei francesi Meissonier e Delaroche, per poi illustrare i più marcati cambiamenti stilistici con i quadri di Vincenzo Cabianca, Cristiano Banti, Odoardo Borrani e con l’emblematico dipinto “Maria Stuarda al campo di Crookstone” di Giovanni Fattori. Il tema storico quindi viene rivisitato per “parlare contemporaneo”, così la sala seguente è dedicata alle opere più rappresentative di un raccontare in modo diverso le vicende storiche del periodo, utilizzando a volte l’intimità sentimentale (Borrani con “Cucitrici di Camicie rosse”, “Il 26 aprile 1859 in Firenze” e Silvestro Lega con “Ritratto di Garibaldi”), altre volte evidenziando fatti di cronaca e avvenimenti drammatici donandovi un sapore meno
La mostra non dimentica il ritratto per passare alla sezione dedicata alle scene di vita quotidiana. Con questo tema il lavoro di ricerca sulla luce sembra assumere una vena più poetica, aiutata forse dalla particolare attenzione degli artisti verso ciò che li coinvolgeva da vicino. Di grande suggestione l’opera di Lega “Il canto di uno stornello”, come anche “La rotonda dei bagni Calmieri” di Fattori, per non parlare dei numerosi interni di Adriano Cecioni.
Ma il vero protagonista di questo movimento rimane il paesaggio, punto di forza dell’innovazione pittorica dei Macchiaioli. Forse il più rappresentativo in questo senso è Cecioni, ma non mancano le opere di Cabianca e Telemaco Signorini, le tavole sperimentali di Vito D’Ancona,Giuseppe Abbati e Raffaello Sernesi, o gli scorci di Maremma di Fattori.
L’ultima sezione della mostra espone le opere “post macchia”, ovvero quelle dipinte dopo il 1870, quando il gruppo oramai era definitivamente sciolto per le ragioni più disparate. Palazzo Zabarella ha ospitato i macchiaioli delineando ampiamente le tematiche trattate dal movimento, sottolineando le innovazioni non solo tecniche ma anche sociali e di pensiero apportate con il seguire dell’unità d’Italia, e marcando il contributo, indiretto o meno, che questi “bohèmien” del Caffè Michelangelo di Firenze hanno dato al più famoso Impressionismo.
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