Esattamente 60 anni fa, a New York, Peggy Guggenheim, organizzava una personale al giovane pittore di origine greca William Baziotes (1912-1963), nella mitica galleria Art of This Century; prima di lui c’erano passati pittori europei come Max Ernst, André Masson, Jean Arp e Sebastian Mattafino a Jackson Pollock. Ora di Baziotes è possibile vedere, per la prima volta in Europa, un cospicuo nucleo di opere, quasi una sessantina tra dipinti e disegni, riuniti dal curatore Michael Preble. Peraltro la mostra è stata segnata da una felice circostanza: l’opera I Paracadutisti è stata donata da Edith, moglie dell’artista, alla Collezione Guggenheim.
Dopo essersi liberato dal tradizionalismo pittorico impartito alla National Academy of Design, l’artista lentamente si costruisce uno spazio personalissimo, dovuto ad una predisposizione naturale per uno sperimentalismo esasperato, nato dal confronto con il surrealismo e il cubismo. A quella parigina, il giovane Baziotes preferisce la scena artistica newyorkese: sono gli anni in cui negli States arrivano Marcel Duchamp, Laszló Moholy-Nagy, ma anche Andrè Breton, Salvador Dalì, Piet Mondrian e moltissimi altri.
Preble scrive, nel catalogo, che Baziotes ha “il merito di voler a tutti i costi arrivare alla comprensione del surrealismo, ridefinendolo per conto proprio”. Ed è in questa ridefinizione che si muove tutta la sua pittura. Basta guardare La farfalla di Leonardo da Vinci (1942), e I Pracadutisti (1944): ci troviamo perfettamente nell’oscillazione tra lavori di ispirazione surrealista e cubista.
Ma il cammino di Baziotes è solo all’inizio: nel 1947 comincia a delinearsi uno stile unico e importante. Opere come Gnomo, Ciclopi e Forma notturna, tutte e tre del 1947, denotano un passaggio cruciale nell’uso delle linee che passano da rette a curve. In questa metamorfosi sta il futuro della sua pittura. Nei primi anni Cinquanta e, poi fino alla fine, Baziotes propone un viaggio interiore ormai totalmente simbolico: pensiamo a Moby Dick (1955), o ad uno degli ultimi quadri come Acquatico (1961). Un allusione, sempre di più, all’aspetto misterioso della sua pittura che si svela poco a poco.
claudio cucco
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