14 settembre 2010

fino al 9.I.2011 Adolph Gottlieb Venezia, Guggenheim

 
Metti un artista americano di talento. Metti uno spazio finalmente valorizzato. Metti un grande curatore. Risultato: una mostra da non perdere...

di

La retrospettiva su Adolph Gottlieb (New York, 1903-1974) che Luca
Massimo Barbero ha curato per la Fondazione Guggenheim è un vero atto d’amore
nei confronti di questo grande artista, non troppo noto in Italia ma colonna
portante e anticipatore di molti movimenti nati negli Stati Uniti. Ritenuto uno
dei padri dell’Espressionismo astratto, Gottlieb ha attraversato varie fasi
nella sua lunga carriera, mantenendo sempre una cifra stilistica puntuale e
riconoscibile.

La mostra si propone didatticamente di illustrare la
progressione cronologica della vita e delle opere dell’americano, con
particolare riguardo agli anni della formazione, quando si assiste a
un’evidente fascinazione per il Surrealismo e la psicanalisi. In Senza
titolo
(Autoritratto
allo specchio)
(1938),
il tema del taglio dei capelli suoi o della moglie è unito alla presenza di una
palette di colori abbastanza omogenea, nella quale spicca l’uso di un
particolarissimo colore rosa che si ritrova in tutta la sua produzione.

Uno dei pregi maggiori della mostra Adolph Gottlieb - Senza titolo (Autoritratto allo specchio) - 1938 ca. - olio su tela - coll. Adolph and Esther Gottlieb Foundation, New Yorkè senz’altro
l’illuminazione delle tele, colpite da luce diffusa e mai diretta, lasciando
così allo spettatore la possibilità di godere appieno delle tinte perfette
utilizzate dall’artista.

Nella stupefacente fase surrealista, ciò che colpisce lo
sguardo è il fondo delle tele, come se il mestiere della pittura fosse sempre
in primo piano rispetto al soggetto. Con il passare degli anni, la produzione
di Gottlieb si stabilizza nell’utilizzo di alcune forme archetipiche, i
cosiddetti pianeti,
figure ovoidali sospese all’interno dei suoi lavori, a volte accompagnate da
segni di scrittura non decifrabile, a volte lasciate a occupare lo spazio
perfetto della tela.

La pittura di Gottlieb, come del resto quella di Marc
Rothko
, suo amico
e sodale, è un mestiere meditato. Il momento della pittura è tuttavia vissuto
con serenità, in uno stato d’animo che lo differenzia da Rothko e che ben
emerge nella stesura compatta e omogenea e nell’utilizzo delle tinte. I blu, i
rosa, i gialli, anche quando rappresentano momenti di introversione, sono
sempre carichi di speranza.

Un’allegria del mestiere della pittura che si evince
particolarmente nella tela Paesaggio Immaginario (1969), dove il nero e il grigio
esprimono un tessuto di emozioni chiarificato dalle figure sovrastanti, piene
di colore vivo e pulsante.

Il percorso si svolge impeccabilmente all’interno delle
sale, dimostrando come lo spazio sia molto più adatto a ospitare mostre
monografiche piuttosto che grandi collettive. Gli spazi sono ben occupati dalle
grandi tele della serie Burst (1973), opere del periodo più celebre dell’artista
americano e che hanno fatto parlare di influenze orientali e mistiche nella sua
arte.

Adolph Gottlieb - Paesaggio immaginario - 1969 - olio su tela - coll. Adolph and Esther Gottlieb Foundation, New York
Prendendo a prestito le parole del curatore, al di là
d’ogni possibile influenza, una cosa sola è certa: “Gottlieb era uno che si divertiva
un sacco!
”.

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dal 3 settembre 2010 al 9 gennaio 2011

Adoplh
Gottlieb – Una retrospettiva

a cura di Luca Massimo Barbero

Collezione Peggy Guggenheim – Palazzo Venier dei Leoni

Dorsoduro 701
(zona Accademia) – 30123 Venezia

Orario: da
mercoledì a lunedì ore 10-18

Ingresso:
intero € 12; ridotti € 10

Catalogo
Giunti

Info: tel. +39 0412405411; fax +39 0415206885; info@guggenheim-venice.it; www.guggenheim-venice.it

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