Il luogo è suggestivo e della storia si avverte solo la maestosità, non certo l’incombenza.
L’allestimento è semplice e accurato e le scelte luministiche sono tutte rivolte a rendere le opere, il più possibile, godibili.
La mostra espone numerosi lavori e altrettanto numerosi artisti –più di venti- eppure ogni opera trova spazio per dialogare. Così, in un piacevole scorrere di stili e tecniche, si passa dal minimalismo plastico di Paola Chimetto alla pittura informale di Luca Armellini attraverso quella iperrealistico-intimista di Elisa Rossi e quella morbosamente ipnotica di Roger Benetti.
Tra i vari mezzi espressivi adottati, scandagliati e rielaborati dai giovani artisti, salta subito all’occhio, l’unico grande assente della mostra: il video. Tra le installazioni invece colpisce una certa ingenuità nel lavoro, sia pur efficace, di Miriam Ferrari. La giovane artista espone Spezie: una serie di sacchi, realizzati con fili di canapa non tessuta, dai quali fuoriescono coloratissime e profumate spezie. Immediatamente questa sequenza di forme, odori e colori richiama alla mente la straordinaria installazione che Ernesto Neto (Rio de Janeiro, 1965) portò alla 49° Biennale di Venezia. Nella stessa sala il gruppo SEME fa omaggio alla plastica di Niki de Saint Phalle (Neuilly-sur-Seine 1930 – San Diego 2002) e, a pochi passi, Simone Lucietti trasforma, idealmente, l’osservatore in bersaglio dei suoi colpi d’arma da fuoco.
Sono disposte l’una di fronte all’altra le opere di Lamberto Teotino e Marco Fantini. Il primo, lavorando su immagini digitali, analizza i particolari della quotidianità a tal punto da catapultarli in una nuova dimensione, il secondo affolla la tela – all 2gether – di corpi, animali, scritture e oggetti in un turbinio di forme e significati che sono al tempo stesso ancestrali e underground.
È raffinata e ricca di contenuti la saletta che avvicina i bijoux di cioccolato, pietra e argento – realizzati da Barbara Uderzo alle polisemiche siringhe zanzare di Veronica Ongaro (Gli angeli della peste) e alla natura violata che le due versioni di Inventario epiteliale – firmate Alessandra Guolla – ergono ad atto estetico.
Chiude la mostra Resi Giraradello con un nuovo omaggio al “tricotage”. Stavolta però la morbidezza del primo impatto visivo è subito smentita dalla realtà di un laborioso intreccio in filo di rame.
articoli correlati
Collane da gustare, anelli da innaffiare
la giovane arte – Alessandra Guolla
Marco Fantini – Genesi di un quadro
caterina de march
mostra visitata il 17 luglio 2004
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…