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12
ottobre 2009
fino all’1.XI.2009 The Cream Society Asolo (tv), Fornace dell’Innnovazione
venezia
L’entità Cream penetra negli angoli bui d’una contemporaneità trafitta e sanguinante. Fra ciclopici nuovi dèi depotenziati, coltellerie traslucide, candidi smembramenti e uomini-colture-d’insetto...
Cream – Creativity and Research in Arts and Media è un
laboratorio estetico-concettuale di analisi e reazione alle fratture di senso
della contemporaneità. Con The Cream Society, nell’anno della sfolgorante global
crisis, il gruppo
affronta il tema Crisi e creatività.
La mostra, curata da Carlo Sala e Gloria Vallese, è un
percorso variegato di forme e tensioni che scaturisce dall’eterogeneità degli
autori. Già nel giardino esterno – dove cemento, erba e acqua disegnano un ambito
di razionalismo organico – ci s’imbatte in Galleggiare, leggiadra isola-installazione site
specific in cui Cristina Treppo gioca con lo spazio liquido quale
cornice d’isolamento.
Si penetra quindi nello spazio esedra, oggi casamatta critica. Al primo livello, il
visitatore è accolto da Sun Being, opera di Martin-Emilian Balint. Un nugolo di rossi poliedri di
carta genera un giocoso cosmo sospeso, la geometria dei cui elementi inerisce a
una ricerca intellettuale di senso e matrici. Nello stesso ambiente trovano
posto le tele di Neboiša Despotović. Il loro equilibrio si compie nel coaugulo tra
un’immagine-sorgente e la sovrapposizione di un filtro personale: così sorgono
le strutture di una nuova stratigrafia pittorica.
Nella sala successiva, In My Flesh, installazione di Dania Zanotto. Lo spazio è quello di una
cucina-museo. In una sorta di metonimia estetica, i contenuti si fanno
contenitori vetrificati e l’empiria viene concettualizzata. In Kid’s Bed, Room#1 e Honey, Cristina Treppo declina il tema
delle stanze quali ri-composizioni di set esistenziali, tracce vivide e indizi
di vita, della storia, di un’infanzia. New God, di Giuseppe Vigolo, è una riflessione sarcastica
sulla forza effimera dei nuovi eroi portati in dote da tecnologia e media. Il robot
è enorme, ma realizzato con deperibilissimo cartone.
Olokh, installazione di Dania Zanotto, ricorda un mare interno.
Corda, sabbia, bitumi e muffe: l’arabesca palude miasmatica alimenta l’olio di
una nera coltura infera. Accanto si trova Portland di Barbara Taboni, opera al tempo stesso brutale e
delicata. Un’orditura di puntelli a croce blocca i candidi calchi in cemento,
parti smembrate di un corpo in frantumi. Tubi e corpi spingono, e questo
composito Atlante fonda un nuovo mondo ri-sorgente.
Nella piccola stanza attigua c’è Downtown di Giacomo Roccon. La scultura in resina
rappresenta un uomo. Seduto, coperto d’insetti, è volto verso un angolo muto.
Una sconfinata solitudine, inestirpabile, urla silenziosamente, saturando il
locale. Con la leggerezza della trina metallica e un’ironia liberty opera invece Resi Girardello. I microrganismi di Knitting
nets, come le
fotografie di Qualcosa di mia nonna, giocano a replicare coattivamente un mondo, naturale o
storico, ponendosi come exempla e meccanismi di stimolazione della consapevolezza.
laboratorio estetico-concettuale di analisi e reazione alle fratture di senso
della contemporaneità. Con The Cream Society, nell’anno della sfolgorante global
crisis, il gruppo
affronta il tema Crisi e creatività.
La mostra, curata da Carlo Sala e Gloria Vallese, è un
percorso variegato di forme e tensioni che scaturisce dall’eterogeneità degli
autori. Già nel giardino esterno – dove cemento, erba e acqua disegnano un ambito
di razionalismo organico – ci s’imbatte in Galleggiare, leggiadra isola-installazione site
specific in cui Cristina Treppo gioca con lo spazio liquido quale
cornice d’isolamento.
Si penetra quindi nello spazio esedra, oggi casamatta critica. Al primo livello, il
visitatore è accolto da Sun Being, opera di Martin-Emilian Balint. Un nugolo di rossi poliedri di
carta genera un giocoso cosmo sospeso, la geometria dei cui elementi inerisce a
una ricerca intellettuale di senso e matrici. Nello stesso ambiente trovano
posto le tele di Neboiša Despotović. Il loro equilibrio si compie nel coaugulo tra
un’immagine-sorgente e la sovrapposizione di un filtro personale: così sorgono
le strutture di una nuova stratigrafia pittorica.
Nella sala successiva, In My Flesh, installazione di Dania Zanotto. Lo spazio è quello di una
cucina-museo. In una sorta di metonimia estetica, i contenuti si fanno
contenitori vetrificati e l’empiria viene concettualizzata. In Kid’s Bed, Room#1 e Honey, Cristina Treppo declina il tema
delle stanze quali ri-composizioni di set esistenziali, tracce vivide e indizi
di vita, della storia, di un’infanzia. New God, di Giuseppe Vigolo, è una riflessione sarcastica
sulla forza effimera dei nuovi eroi portati in dote da tecnologia e media. Il robot
è enorme, ma realizzato con deperibilissimo cartone.
Olokh, installazione di Dania Zanotto, ricorda un mare interno.
Corda, sabbia, bitumi e muffe: l’arabesca palude miasmatica alimenta l’olio di
una nera coltura infera. Accanto si trova Portland di Barbara Taboni, opera al tempo stesso brutale e
delicata. Un’orditura di puntelli a croce blocca i candidi calchi in cemento,
parti smembrate di un corpo in frantumi. Tubi e corpi spingono, e questo
composito Atlante fonda un nuovo mondo ri-sorgente.
Nella piccola stanza attigua c’è Downtown di Giacomo Roccon. La scultura in resina
rappresenta un uomo. Seduto, coperto d’insetti, è volto verso un angolo muto.
Una sconfinata solitudine, inestirpabile, urla silenziosamente, saturando il
locale. Con la leggerezza della trina metallica e un’ironia liberty opera invece Resi Girardello. I microrganismi di Knitting
nets, come le
fotografie di Qualcosa di mia nonna, giocano a replicare coattivamente un mondo, naturale o
storico, ponendosi come exempla e meccanismi di stimolazione della consapevolezza.
gianluca d’incà levis
mostra visitata il 3 ottobre 2009
dal 3 ottobre al primo novembre 2009
The
Cream Society
La Fornace dell’Innovazione
Via Strada Muson, 2c – 31011 Asolo (TV)
Orario: feriali ore 15.30-18.30; sabato e domenica ore
10-12.30 e 15.30-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0423951611;
fax +39 0423951612; info@fondazionefornace.org; www.artcream.it
[exibart]