Una mostra opportuna quella organizzata dal Cisa – Centro Internazionale di Studi di Architettura “A. Palladio”. Il progetto, curato da Franco Barbieri e Guido Beltramini, ha coinvolto quaranta studiosi di tutto il mondo ed è riuscito a dissipare la plurisecolare cortina di pregiudizi, cliché e luoghi comuni che voleva Vincenzo Scamozzi allievo, pallido imitatore, epigono di Palladio.
Invece Scamozzi era un sofisticato intellettuale con ambizioni compendiarie ed enciclopediche, interprete di un’architettura che “ordina e diffende tutto quello che giace dentro l’arti”, come diceva un altro colto manierista dell’epoca, Pirro Ligorio, “avendo [l’architetto] di mestiero da essere huomo sciente et prattico”. La sua erudizione sterminata, orientata verso le matematiche ma anche verso la filosofia speculativa e le conoscenze scientifiche e tecniche di stampo aristotelico, gli permise di accreditarsi presso l’élite neovitruviana della Serenissima, la stessa che aveva
La mostra pone giustamente in risalto i primati indiscutibili di questo protagonista, sia come architetto-museografo (suo è il primo museo pubblico della storia moderna, lo Statuario Grimani presso la Libreria Marciana di Venezia, 1593), sia come architetto-scenografo (oltre alle celebri prospettive a fuochi multipli dell’Olimpico di Vicenza è l’ideatore del primo moderno edificio teatrale autonomo, il Teatro di Sabbioneta, 1588), sia infine come architetto-illuminotecnico (il suo trattato è il primo ad occuparsi estesamente della casistica della luce, individuando sei tipolgie diverse di “lume” architettonico). Ma, nonostante tutto, la sua declinazione personale di classicismo, con scelte minimaliste che prediligevano superfici asciutte di astratta e geometrica chiarezza, non aveva la stessa capacità di seduzione di quella di Palladio, più plasticamente pittorica e di effetto. E lo si capisce dal confronto tra la Rotonda di Vicenza e la Rocca Pisana di Lonigo, due opere
La mostra, che fa parte del progetto Vicenza serenissima, espone duecento pezzi, tra cui l’intero corpus dei disegni originali di Scamozzi, numerosi modelli, quadri, sculture, stampe, libri, ed è corredata di un monumentale catalogo e di un prezioso vademecum per un itinerario scamozziano nel Veneto. Lo stesso Scamozzi e i suoi committenti e amici, come Marcantonio Barbaro, Tiziano Aspetti, Francesco e Domenico Duodo sono presenti in mostra grazie a ritratti di Paolo Veronese e Leandro Bassano e a busti di Alessandro Vittoria.
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