Era il 1946 quando Pablo Picasso (Málaga, 1881 – Mougins, 1973), dopo gli orrori della guerra, si trasferiva nella solare Antibes. La Costa Azzurra gli ricordava la Spagna per il clima, i colori, il paesaggio. Qui, spinto da una nuova forza creativa e da un nuovo amore, quello per la sua musa, compagna e modella Françoise Gilot, di quarant’anni più giovane, riprende i temi figurativi a lui più cari realizzando lavori densi di suggestione.
Delle numerosissime opere realizzate tra il 1945 e il 1948, circa duecento sono esposte a Palazzo Grassi. Si comincia con le fotografie scattate da Michel Sima a Castello Grimaldi, dove l’artista spagnolo lavorò per due mesi, da settembre a novembre del ‘46. Picasso in quel periodo viveva in una casa di piccole dimensioni sul porto di Golfe Juan, ambiente che lo costringeva a limitare le dimensioni delle sue opere, ma un fortunato incontro con Romuald Dor de la Souchére, suo grande estimatore, gli permise di dipingere in quella prestigiosa residenza anche opere di grande formato. In queste foto vediamo il maestro spagnolo davanti a pennelli, barattoli di colore, cavalletti, in ginocchio con bermuda e sandali mentre dipinge, oppure immortalato vicino alle sue ceramiche.
Proseguendo nel percorso spiccano una serie di opere che si caratterizzano per l’essenzialità. Picasso riesce con poche linee continue a tracciare profili di nudi, figure di fauni, baccanali e danze orgiastiche. Tutto si riduce alla linea, al colore e alle forme essenziali: il cerchio, il triangolo, il rettangolo. Dopo le opere del periodo precedente, dunque, tra tutte Guernica, dipinto di grandi dimensioni in cui Picasso abolisce il colore ed esprime il dolore, l’atrocità del bombardamento della città basca nelle sole tonalità del bianco, del nero e del grigio, l’artista ritorna al colore, in particolar modo alle tinte calde della mediterranea Antibes.
In questo periodo scopre anche l’uso della ceramica durante la fiera annuale dei vasai di Vallauris, presso Antibes, divenendo subito amico di Georges e Suzanne Ramié, proprietari della fabbrica Madoura. Il numero complessivo delle opere in ceramica di Picasso ammonta a 4.000 pezzi, molti dei quali furono duplicati e prodotti in serie dai laboratori che collaboravano con l’artista, con diverse tirature e rifiniture finali. Sebbene molti di questi lavori siano il frutto di una creatività fresca e immediata, le fasi di lavorazione, le tecniche complesse e le velleità alchemiche, proprie dell’artigianato ceramico, obbligano l’artista a domare i suoi impulsi, a munirsi delle necessarie conoscenze, a possedere, insomma, una tecnica raffinata, attraverso la pratica e la sperimentazione continua. Picasso è affascinato dalla malleabilità della materia, alla quale fa assumere le forme più disparate. Ecco quindi i vasi-gufo, le donne-brocca, le ceramiche con temi mitologici e taurini.
Tra disegni, dipinti e opere in ceramica si arriva al quadro che dà il titolo alla mostra, La Joie de Vivre, opera di grandi dimensioni che appare, “come il quadro più colorato di Antibes perché vuol esprimere con la massima intensità la folle felicità di cui era colmo allora”, come scrisse Françoise Gilot. Ritroviamo i colori mediterranei come il giallo del sole e della sabbia, l’azzurro del mare e del cielo, una barca a vela, una danzatrice che sorride, fauni che suonano.
Al Castello Grimaldi, oltre a La joie de vivre, Picasso ha lasciato 23 dipinti e 44 disegni che costituiranno il nucleo di un’importante donazione alla città di Antibes, sede del primo Museo Picasso. Tra i disegni va segnalato Danzatrice e fauno del 1948. Con pochi tratti a inchiostro di china rapidi, flessuosi ed essenziali l’artista rappresenta la danzatrice in preda all’estasi prodotta dal musica del flauto suonato dal fauno. Gli occhi chiusi, il capo reclinato all’indietro, la gonna impalpabile in movimento, l’ennesimo sviluppo di un tema che l’artista ha saputo rappresentare in modo sempre diversi e straordinari.
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.... se scrivo che Picasso è stato un Grande Caricaurista di opere d'Arte, megio che....
Ando Gilzrdi