Forse è utile ritornare a quanto aveva scritto il New York Times per la presentazione nel 2014 di Models never talk rispetto alla particolare figura dell’ideatore della performance Olivier Saillard, direttore del rinnovato Galliera Museum a Parigi. Ripercorrendone l’intenso impegno ventennale, Saillard è nato nel 1967 a Pontarlier (Francia), il NYT ne sottolineava la formazione di storico d’arte, come la chiave per accostarsi alla particolare interpretazione del curatore francese. Come d’altronde aveva scritto anche Alice Rawasthorne in occasione della direzione assunta da Saillard dell’istituzione francese: “In every project, he combines visual spectacle with rigorous analysis of the clothing’s historical context”. La sensazione del rigore, del minimalismo formale quanto concettuale per reinterpretare l’evento per eccellenza della moda, la presentazione delle collezioni – dalla tensione fisica dell’incedere delle modelle, alla complessa macchina del backstage-, è quel che cerca Saillard.
Il formalismo estremo della moda visto nella sua componente comunque ‘ornamentale’, è come se venisse messo a nudo e osservato nelle sue, letteralmente, sottaciute componenti. Messo a nudo forse è un’espressione impropria, se può funzionare per quel che riguarda l’aspetto analitico di una rilettura dei cambiamenti della moda nel tempo, (in particolare fra gli anni ’80 e ’90, con citazioni di Dior, Lagerfeld, Yves Saint Laurent, e altri maestri), onde individuarne i tratti essenziali, per altro verso rischia di fraintendere proprio quell’orlo, insuperabile, per chi si occupa di vestimenti, di parerga. Non il corpo nudo, ma il corpo residualmente vestito, fasciato, come in questo caso in una sorta di seconda pelle di lavoro, un’uniforme fatta di dolcevita, collant e décolleté neri, è la struttura che resta una volta operata la ‘messa a nudo’, una volta tolti gli abiti. Non è la nudità lo scopo della rappresentazione, ma il senso dell’indumento nella sua essenzialità. Il suo essere una forma della rappresentazione, che, decostruita, lascia intravedere non la nudità, ma una sorta di prima pelle artificiale e quel che di volta in volta il gusto del tempo vi iscrive.
La moda ‘assente’ della performance di Saillard è la moda raccontata superando la barriera (alterità, distanza, intangibilità) del silenzio. I gesti e le parole delle modelle accennano e rievocano gli abiti assenti, riscoprendo così del gesto e della parola la loro essenzialità volta a rappresentare un’assenza, una condizione venuta meno. La moda nella sua transitorietà viene così fissata in un attento esercizio di rievocazione, onde poter coglierne l’intima condizione di ritualità sospesa. La presentazione della performance al Teatrino di Palazzo Grassi è stata preceduta da una conversazione con l’autore, che si è soffermato proprio sulla caratteristica di ‘spoglia’ che assume l’abito ‘abbandonato’, non più agito dal vivente, e che il suo lavoro si preoccupa di rianimare. Rievocandone le caratteristiche grazie alla gestualità misuratissima e ai ricordi rievocati da chi quegli abiti ha effettivamente indossato.
Sette modelle hanno restituito con grande eleganza ed estrema sobrietà, il fascino, la magnificenza di quel che non poteva essere visto, ma che veniva comunque suscitato dal gesto e dalla parola. Una performance corale senza sbavature, con movenze stilizzate, precise, concepita con grande onestà intellettuale, seguita da un pubblico attento e che alla fine si è sciolto in un partecipatissimo applauso.
Riccardo Caldura
Il 21 gennaio 2016
Olivier Saillard, Models never talk
con Christine Bergstrom, Axelle Doué, Charlotte Flossaut, Claudia Huidobro, Anne Rohart, Violeta Sanchez, Amalia Vairelli
Info: www.palazzograssi.it