Categorie: Viaggi

Viaggi straordinari. Giulia Pompilj in Perù

di - 3 Agosto 2024

Nei primi giorni di settembre 2018, ho intrapreso un progetto di profonda rilevanza personale: la conservazione delle conoscenze ancestrali delle comunità indigene. Mi sono resa conto che queste preziose e vulnerabili sapienze rischiano di scomparire nel turbine della modernità. Ignorare il loro valore significa dimenticare che l’equilibrio tra l’uomo e la natura è essenziale per la nostra sopravvivenza reciproca.

Il mio viaggio ha avuto inizio con una semplice domanda: come percepiscono gli ecosistemi coloro che ne sono intimamente connessi? Quando ho iniziato a comprendere questa relazione profonda, il mio sguardo sul mondo ha subito una trasformazione radicale. Ho capito che il mio ruolo di designer doveva evolversi per abbracciare un universo in cui l’uomo e la natura danzano in armonia. Questa nuova prospettiva non solo ha guidato il mio approccio al design, ma ha anche scatenato un’esplorazione inedita nella narrazione visiva e sensoriale.

Attraverso la metodologia etnobotanica, ho potuto immergermi nelle tradizioni e nei costumi locali legati alle piante. Utilizzando tecniche di tintura botanica, ho esplorato le funzioni e le storie racchiuse nei colori della natura, ottenendo una comprensione più profonda dell’ecosistema e delle sue particolarità. Ogni colore narra la storia di un’intera civiltà. I colori ottenuti dall’estrazione delle piante non sono casuali, ma il risultato di una reazione chimica tra i minerali presenti nel terreno, influenzati dalle condizioni climatiche e geologiche del luogo in cui le piante crescono.

©gustavo vivanco leon – Warmis MATER-105
Casa di fango e tronchi in costruzione. I mattoni di fango e terra con i quali vengono costruite le case si chiamano “Adobe”.
Giulia Pompilj con trecce e collana di Chihuanoy (Pyrolirion boliviense) durante la festa di addio.

Ecosistema: Alta Montagna
Cordigliera Andina: Maras, Perù, 3600 metri sopra il livello del mare

Il percorso di ricerca ha avuto inizio nelle altezze delle Ande peruviane, nel cuore di Moray, sede del centro di ricerca Mater Iniciativa. Il 6 settembre 2018, sulle pendici dell’Apu Wanimmarka a 3600 metri sul livello del mare, ho iniziato a esplorare le profondità di questa ricca regione. Da Maras alle Comunità Native di Mullak’as Misminay e Kacllaracay, ho camminato tra le antiche rovine Inca di Moray, incastonate in terrazze concentriche che si adattano alla topografia naturale.

Le saline di Maras, con la loro influenza sulla qualità del suolo e dell’acqua, hanno svelato un mondo di connessioni tra uomo e ambiente. L’acqua che scorre vicina alle case dei villaggi è salata, e il terreno diventa più secco man mano che ci si avvicina alle saline. Le uniche due stagioni distinte nelle Ande sono il periodo umido, da novembre ad aprile, e il periodo secco, da maggio a ottobre. Durante la stagione delle piogge, la pioggia cade quasi quotidianamente, rendendo alcune strade e sentieri praticamente impraticabili a causa della mancanza di alberi in quest’area, che potrebbero contribuire a mantenere il terreno compatto. È durante la stagione umida che il sale si dissolve nell’acqua e viene raccolto nelle saline, in un processo chiamato “salinità del suolo asciutto”.

Tra le comunità la terra è divisa equamente tra le famiglie, democraticamente, per scopi agricoli. In questo luogo, la Pachamama e l’Apu sono rispettati come divinità che donano cibo e protezione. Ogni casa di fango e tronchi, ogni coltivazione e ogni pianta raccolta parlano di una relazione profonda e quotidiana con la natura.

Durante la stagione secca, il freddo pungente e i toni bruni delle piante secche dominano il paesaggio. Solo gli eucalipti, con le loro foglie grigio-verdi, mantengono un verde persistente. Sebbene non siano piante autoctone, gli eucalipti sono stati piantati per garantire una fornitura di legna tutto l’anno. Il legno di eucalipto è infatti usato per alimentare il fuoco nel Q’onch, un forno di argilla a forma rotonda con due aperture: una sul davanti, dove viene inserita la legna per mantenere la fiamma, e una sulla parte superiore, da cui esce la fiamma per riscaldare la padella di metallo.

Le foglie giovani di eucalipto, con le loro proprietà benefiche, sono preparate in infusi caldi che riscaldano il corpo e leniscono le malattie. Le foglie vengono preparate in un mate (infuso in acqua calda) e lasciate in infusione per 10 minuti. Poi si beve mentre è ancora abbastanza caldo: “te tiene que calentar” (deve scaldarti).

Durante il mese di ottobre, i fiori gialli della pianta Retama decorano il paesaggio delle montagne, delimitando le “chacras” (campi) delle diverse famiglie. I boccioli di Retama vengono mangiati durante il giorno mentre si lavora nei campi. Vengono utilizzati come energizzanti per lo zucchero che contengono. Lo stesso fiore può essere utilizzato per preparare uno sciroppo. Dopo una lunga cottura lenta, il fiore rilascia un “color pato”, che tradotto letteralmente significa “colore anatra”, ma si riferisce a un giallo sbiadito. Una volta che lo sciroppo raggiunge questa tonalità, è pronto per essere raffreddato.

Non solo gli esseri umani sono attratti dalla dolcezza di questo fiore. Anche gli insetti invadono queste piante, mettendo a rischio l’agricoltura circostante. Gli abitanti di queste montagne piantano piante di Tarwi (Lupinus ballianus) tutto intorno ai campi per proteggere i raccolti dagli insetti. Il Tarwi è una pianta molto amara che scoraggia gli insetti dall’invadere il nucleo principale del campo. Il Tarwi fiorisce durante il mese di febbraio, insieme a tutti gli altri raccolti.

Nonostante i colori e le texture della regione dell’Apu Wanimmarka cambino con le stagioni, una copertura verde è sempre presente. Il Chilca (Baccari latifolia) è la prima pianta a fiorire dopo la stagione secca. Lunghe e sottili, con bordi irregolari e un mazzetto di piccoli fiori verde-biancastri che decorano le loro estremità superiori, è una pianta che cresce rapidamente e selvaticamente praticamente su ogni parte della montagna.

La Pianta è usata per tingere la lana e I fili si tingono di verde profondo con il primo bagno di foglie di Chilca. Il colore diventa più chiaro dal secondo al terzo bagno. Il Chilca è principalmente usato come colorante naturale delle piante, ma è anche utilizzato per delimitare i confini della terra. Viene impiegato per curare le ferite quando le sue foglie sono mescolate in una miscela di piante locali: Chiriciri, Cuño, Pauka e uovo.

L’incontro con Ceferina Atau e Santiago Pilco è stato uno dei momenti più toccanti del mio viaggio. Questi custodi delle montagne andine mi hanno insegnato la profondità della loro connessione con la terra, condividendo storie millenarie di saggezza e conoscenza. Accompagnandomi nella raccolta di piante, mi hanno permesso di scoprire la meraviglia delle loro terre e di comprendere la vitalità delle loro tradizioni.

Il Chihuanoy (Pyrolirion boliviense), con i suoi fiori arancioni luminosi, è diventato un simbolo tangibile di questa connessione. Questo fiore può essere trovato nel manto della montagna dal mese di ottobre all’inizio di maggio, crescendo spontaneamente e velocemente con un lungo stelo che porta un singolo fiore. Ceferina lo usava per curare Santiago, preparando un tè caldo che alleviava la sua tosse e rafforzava i suoi polmoni. Le persone della comunità usano piante e rituali per curarsi, affidando alla natura il loro benessere e, in cambio, si prendono cura della terra loro assegnata.

©gustavo vivanco leon – Warmis MATER-169
raccolta delle foglie di Marku (Ambrosia peruviana) per la preparazione di colore e infusi medicinali

Nella Comunità Nativa di Kacllaraccay, il Chihuanoy è usato come segno di accoglienza quando i suoi fiori vengono inseriti lungo un filo per crearne una collana.

Il giorno della mia partenza, le donne e gli uomini di Kacllaraccay mi hanno celebrata con una festa di addio. Mi hanno ornato con trecce tipiche delle donne andine offerto una collana di Chihuanoy e mi hanno avvolto nella loro falda tradizionale, simboli tangibili di un’accettazione profonda e di un riconoscimento della mia trasformazione da “Wailaka”* (la donna che non conosce) a “Warmi”* (la donna che sa secondo una parola di origine Quechua, la lingua nativa della comunità).

Questo viaggio ha segnato solo l’inizio di un percorso di comprensione più profondo. Ogni colore, ogni pianta, ogni storia racchiude un frammento dell’umano e del divino, intrecciati in un’armonia millenaria che continua a ispirare il mio lavoro e la mia vita. La mia ricerca si è estesa anche alla giungla e al deserto, esplorando ecosistemi diversi e remoti. Ho intenzione di proseguire questa avventura per preservare e diffondere queste preziose conoscenze ancestrali, affinché possano ispirare le generazioni future.

Nell’era antropocentrica, tendiamo a considerare la Terra come un luogo scontato e temporaneo, ricco di risorse inesauribili. Tuttavia, i chiari segnali del cambiamento climatico, la scarsità di acqua potabile e l’inquinamento atmosferico ci ricordano ogni giorno che dobbiamo rivedere il nostro rapporto con il pianeta. Preservare le antiche conoscenze delle comunità indigene non è solo un atto di rispetto verso le loro tradizioni, ma anche una chiave per ritrovare l’equilibrio necessario per la nostra sopravvivenza.

«I “viaggi straordinari” stabiliscono con il mondo una relazione particolare, attuano una nuova geografia di azione, capace di diramare prospettive che formano costellazioni in divenire. I viaggi e ciò che esercitano nella ricerca degli artisti, emanano un’aurea prodigiosa anche a distanza di anni».

Testo di Giulia Pompilj
A cura di Camilla Boemio

©gustavo vivanco leon – Warmis MATER-253
tre donne cucinano con la “Q’onch”, un forno di argilla alimentato a legna.
©gustavo vivanco leon – Warmis MATER-133
raccolta delle foglie giovani di Eucalipto (Eucalyptus globulus) per la preparazione di colore e infusi medicinali
@https://twitter.com/camillaboemio

Scrittrice d'arte, curatrice e teorica la cui pratica indaga l'estetica contemporanea; nel 2013 è stata curatrice associata di Portable Nation, il padiglione delle Maldive alla 55.° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, dal titolo Il Palazzo Enciclopedico; nel 2016 è stata curatrice di Diminished Capacity, il primo padiglione della Nigeria alla XV Mostra Internazionale di Architettura, con il titolo Reporting from the Front; nello stesso anno ha partecipato a The Social (4th International Association for Visual Culture Biennial Conference) alla Boston University. Nel 2017, ha curato Delivering Obsolescence: Art Bank, Data Bank, Food Bank, un Progetto Speciale della 5th Odessa Biennale of Contemporary Art. E’ membro della AICA (International Association of Arts Critics). Boemio ha scritto e curato libri; ha contribuito con saggi e recensioni a varie pubblicazioni internazionali, scrive regolarmente per le riviste specializzate, e i siti web; ha tenuto parte a simposi, dibattiti e conferenze in musei e festival internazionali.

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