Destinazione Francia: la mappa e l’evidenziatore.
Con Michèle cantavamo sempre durante i viaggi in automobile, soprattutto in Francia dove ogni anno programmavamo un lungo viaggio da fare all’inizio di agosto. Il primo viaggio, nel 2011, è stato in Normandia, nel 2012 in Provenza, nel 2013 in Bretagna, nel 2014 a Marsiglia, Camargue e Tolone, nel 2015 a Bayonne e Biarriz, nel 2016 a Lione, Rennes, Brest, nell’Ile d’Ouessant, Nantes, Orleans… e in tante altre località. In mezzo, durante l’anno, c’erano gli assidui soggiorni parigini. Siamo tornati diverse volte in Normandia e Bretagna, in Provenza e nella Camargue. Prendevamo la stessa mappa e, quasi sempre alla fine del viaggio, segnavamo il percorso fatto con lo Stabilo, l’evidenziatore colorato. Usavamo sempre un colore diverso: il rosa, il giallo, il verde, l’arancione. Quei colori sono lì a memoria dei nostri viaggi, ricostruiscono le rotte della nostra vita insieme. Con la mia compagna Michèle Léridon, giornalista e direttrice dell’Agence France-Presse, condividevo il piacere di quei viaggi, specchio della nostra filosofia di vita. Viaggi che continuo a fare sia per lavoro che per piacere. Essendo lei francese, conosceva molti luoghi da cui partivamo per le nostre esplorazioni. La Francia, così, è diventata la mia seconda patria e ancora oggi considero Parigi la mia seconda città.
Viaggiando cantavamo molte delle canzoni che Michèle aveva ascoltato da piccola da sua madre. Amava soprattutto quelle di Georges Brassens che tanto avrebbe influito anche sui cantatori italiani, a partire da Fabrizio De André. «Parlez-moi de la pluie et non pas du beau temps, Le beau temps me dégoûte et me fait grincer les dents, Le bel azur me met en rage, Car le plus grand amour qui me fut donné sur terre, Je le dois au mauvais temps, je le dois à Jupiter, Il me tomba» («A me piace il brutto tempo, lascia stare il mese di luglio quando è un po’ che non piove mi viene da vomitare, solo se piove sono allegro perché il più grande amore che ho avuto finora se devo essere sincero è venuto giù dal cielo un giorno che era brutto e nero») cantava Georges Brassens in L’orage, una canzone molto conosciuta, e noi con lui. Canzoni poetiche mai dissociate dalla vita reale. A Sète, nel sud del paese, andammo a visitare l’Espace Georges Brassens. È interessante il modo in cui si racconta la sua vita, con la possibilità di ascoltare le sue canzoni, vedere i filmati e osservare anche gli oggetti che gli erano appartenuti come la pipa. Nella canzone La Supplique, Brassens cantava che avrebbe voluto essere sepolto a Sète di fronte al mare e in effetti il cimitero dove è tumulato, a poca distanza dal museo, affaccia proprio sull’orizzonte marino. Un altro museo che ho amato molto, a Narbonne, è la casa-museo di Charles Trenet, un altro cantante. Le memorie sono tante e ho sempre scattato molte fotografie, alcune delle quali saranno esposte per la prima volta in autunno nella mostra personale Voyage en France, curata da Bruno Flavio a Villa Lysis a Capri, accompagnata da un catalogo con un testo di Fabio Gambaro. I nostri viaggi erano il riflesso degli interessi personali e professionali che condividevamo. Ci piaceva sempre mischiare l’alto e il basso, sia nella cultura che nella vita quotidiana.
Ascoltare brani d’opera, come canticchiare insieme una canzone di Édith Piaf, Jaques Brel o Barbara. Avevamo amici giornalisti, intellettuali ma ci piaceva anche chiacchierare con il pescatore che potevamo incontrare e magari sentire storie legate alla cucina e al territorio. La stessa cosa era per gli alberghi, potevano trascorrere qualche giorno in un hotel esclusivo come nel vecchio castello affacciato sul mare a Belle-Île-en-Mer in Bretagna o in qualche chambres d’hôtes di provincia che avessero, comunque, quel quid tipicamente francese. Così era anche per il cibo che per me è molto importante, come ho espresso in vari lavori a partire dal docufilm Il cibo dell’anima. Quando arrivo in un luogo mi interesso sempre ai menù e alle specialità che posso trovare. A Sète, ad esempio, c’è un bellissimo mercato dove per pochi soldi si trovano ostriche e crostacei. In Bretagna andavamo a cercare i «contadini del mare»: quando tornavano con le loro barche mettevano due sedie davanti all’approdo così, davanti al mare, gustavamo ostriche e grandi granchi con un buon bicchiere di vino. Altre volte ci andava di andare a cena nel più raffinato ristorante francese della zona. Michèle è venuta a mancare nel 2021, ma anche ricordi come questi me la fanno sentire vicina. Ho sempre in mente l’immagine di lei seduta nell’automobile, accanto a me – la copilote come piaceva definirsi – con la mappa aperta sulle ginocchia intenta a studiare un nuovo percorso.
Testo di Piero Cannizzaro
A cura di Manuela De Leonardis
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