Categorie: Viaggi

Viaggi straordinari. Riccardo Arena a Solovki

di - 16 Agosto 2024

L’idea di visitare le Solovki è nata dal desiderio di conoscere il luogo testimone degli ultimi
anni di vita del matematico, mistico e filosofo russo Pavel Florenskij, una figura molto
significativa nel mio percorso personale, fucilato sommariamente nel 1937 dopo tre anni di
reclusione nel lager presente sulle isole. In Russia c’è un detto: “quello che accade oggi alle Solovki, accade domani in tutto il Paese”.

Nel corso delle epoche, gli eventi sedimentati in questo remoto arcipelago del Mar Bianco, a
ridosso del Circolo Polare Artico, hanno esercitato una tale influenza sul continente russo da
essere considerati un oracolo geografico, presagendo il destino e le future trasformazioni dell’ intero paese.

Su questo territorio nacque il primo lager in senso moderno, lo SLON, dove attraverso la
detenzione di 850.000 vittime, furono sperimentate tutte quelle normative, metodologie e
pratiche di tortura che in seguito furono organizzate nel sistema Gulag, una fitta rete di campi di lavoro coatto che, dagli anni Trenta, si diffuse a macchia d’olio in tutto il regno sovietico.

Sempre le Solovki, nel XV vennero scelte da tre monaci per fondare una piccola comunità
eremitica che si sviluppò in breve tempo nel più grande centro monastico e mistico del nord
della Russia, diventando il simbolo nel XVII secolo della persecuzione della fede durante la
riforma della chiesa ortodossa.

Enigmatico inoltre dal punto di vista archeologico, l’arcipelago veniva raggiunto dalle prime
popolazioni del Mar Bianco esclusivamente per compiervi rituali in quanto considerato zona
di confine tra il mondo dei morti e quello dei vivi . Questa intensa attività cerimoniale ha
trasformato l’isola in un vasto ‘santuario di pietra’ composto da petroglifi, boulders, massi
erratici e trentacinque labirinti risalenti al 7.600 a.C., annoverati tra i più grandi del mondo,
la cui funzione è oggetto di controverse teorie.

Sono arrivato sulle Solovki a metà agosto del 2013. Grazie a dei contatti di amici a Mosca,
avevo affittato una piccola casa di legno nel bosco, a un paio di chilometri dal Cremlino. Il
luogo è pervaso da un fascino cristallino. Lo scenario subartico si intreccia e fonde con le
opere prodotte dal passato monastico e preistorico: imponenti cattedrali, rocce antropiche,
ciclopiche fortezze, menhir e un articolato sistema di canali e chiuse, divenuto patrimonio
UNESCO dal 1992. Il suono delle campane riecheggia incessantemente, creando una
dimensione sonora che diventa simbolo e paesaggio. Le giornate sull’isola trascorrevano in
maniera semplice: lunghe passeggiate per esplorare le baie, le coste e le sue aree interne, così dense di vegetazione da rimanere in gran parte inesplorate; visite regolari al monastero per le funzioni mattutine dei monaci con cui interagivo di tanto in tanto; incursioni ai solitari siti archeologci e qualche piccolo incontro straordinario durante il mese e mezzo della mia permanenza.

Nonostante fossi circondato da tutta quella grazia e bellezza, il mio soggiorno non fu affatto
sereno. Di fatto dei conoscenti russi mi avevano avvertito prima della partenza di “fare
attenzione a quel posto”.

Mi accompagnava una sensazione di disagio, soffrivo di insonnia e spesso percepivo una
tensione immotivata che negli ultimi giorni divenne insopportabile. Collegai quegli stati
d’animo al passato concentrazionario del luogo, come se tutte quelle atrocità e sofferenze
avessero impresso un’ombra indelebile nel cuore del territorio, così profonda da essere ancora percepibile nonostante ogni singola traccia dei lager fosse stata meticolosamente cancellata dopo la caduta dell’Unione Sovietica.

Successivamente però, ricordai una frase enigmatica scritta all’ingresso dello SLON: “Qui
termina il potere dei Soviet, qui inizia il potere delle Solovki”. Come a indicare che quella
terra non fosse semplicemente un testimone degli eventi che vi si svolgevano, ma suggeriva l’idea di un potere autonomo e dispotico del luogo, un’entità geografica dotata di volontà e coscienza. Mi ricordava la Zona del film “Stalker”, un territorio psichico governato da logiche imperscrutabili che soggioga chi decide di entrarvi senza una guida.
Ed è stato allora che nella mia mente è emersa l’idea che, forse, i trentacinque labirinti
costruiti dalle antiche culture del mar Bianco fossero dei tentativi di creare delle cartografie
metafisiche dell’arcipelago per comprerderne le logiche che la governano e mappare la sua
forma più profonda. E la vera forma dell’isola è il labirinto stesso. Un oggetto simbolico
multifunzionale circondato dal mare, confine tra le dimensioni e sintesi geometrica di viaggio redentivo di chi è disposto ad attraversarlo.

L’esperienza delle Solovki mi ha portato, nei due anni successivi, a intraprendere nuovi viaggi di ricerca attraverso diverse regioni della Russia e a scoprire il Cosmismo, un movimento filosofico, scientifico, artistico e spirituale nato e sviluppato in Russia tra il XIX e il XX secolo. Il pensiero cosmista, radicato nella fede nell’onnipotenza della scienza e tecnologia e nell’idea del potere magico della conoscenza, ha tessuto una sottotrama occulta nel bolscevismo, assumendo un ruolo chiave nello sviluppo del programma aeronautico e astronautico sovietico. L’approfondimento di questo movimento e delle sue figure è diventato un elemento chiave per lo sviluppo dell’immaginario di VAVILON (nome con cui vengono chiamati i labirinti delle Solovki) un progetto articolato in installazioni, film, workshop e conferenze in collaborazione con diversi ricercatori. Il progetto ha avuto una serie di evoluzioni e configurazioni presentate in molteplici luoghi e contesti, tra cui ViaFarini, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, IMMA Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Dublino, Museo MAXXI e Istituto Culturale Italiano di Addis Abeba.

Premio MAXXI 2016
MAXXI _IX16
© Luis do Rosario

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