Urban Life si propone come evento culturale in cui diversi artisti si incontrano per confrontarsi ed interpretare il tema della vita urbana in movimento: video, installazioni, una scultura sonora, fotografie, dipinti, musica e graffiti segnano percorsi di fruzione in cui il pubblico viene avvolto e coinvolto dalle opere.
compositore Michele Tadini, mentre in un’area attigua e comunicante gli Otolab, collettivo di dj e vj, mixano musica e visioni e, oltre, alcuni writer tracciano graffiti su un pannello di plastica creato ad hoc
per l’evento. Tre i video: Trains run on tracks, del giovanissimo Akira Takayanagi, Immagini notturne di Lidia Fuentes e Suburbia, di Arianna Maretto e Luca Rivelli.
le immagini dell’interno di un treno vuoto e all’apparenza infinito cambiano continuamente ritmo, come in un ideale viaggio solo visivo; la vita della città di notte, delle strade come dei night club, ripresa in una soggettiva
che viene ora rallentata, ora resa più veloce, è il tema del secondo; nel terzo, infine, suolo e sottosuolo si susseguono in un “percorso accidentato” di grate, sassi, buchi e tubi, ripresi con colori virati e in maniera
parziale con camera zenitale. Gli Otolab, nella prima parte della serata, operano in sinergia con le produzioni sonore della scultura, rielaborandone i suoni (con gli Overclockd) e proiettando sugli schermi, posti nel
loro “quadrilatero d’azione”, riprese fatte alla scultura stessa, a cui viene sommata l’immagine lineare generata con l’oscilloscopio, rappresentazione mobile in tempo reale delle sonorità prodotte.
loro immagini di computer grafica, spesso connotate da un’essenzialità che sembra collegarsi ancora una volta alla “riga sonora” dell’oscilloscopio. Il movimento caratterizza anche l’opera di Ennio Bertrand: a muoversi, questa volta, non è solo il soggetto ripreso, ma anche le videocamere (installate in manici di doccia!) in mano a due persone che si aggirano tra gli ospiti. Il pubblico può vederne le riprese trasmesse via radio in tempo reale su monitor simili a zaini, montati sulle spalle di altre persone, che a loro volta si muovono autonomamente: lo sguardo altrui, non necessariamente vicino, viene dislocato e diventa immagine fugace su uno schermo di fronte a noi.
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cinema-post, e non post-cinema.
Iniziative interessanti per la bella Milano.