Il comitato scientifico del Dipartimento Arti Visive di
Bologna (Renato Barilli, Alessandra Borgogelli, Paolo Granata, Silvia Grandi,
Fabiola Naldi e Paola Sega) continua l’indagine nel campo della videoarte
italiana, con l’obiettivo di arginare la penalizzante esterofilia e di
analizzare più da vicino forme e tecnologie legate a questa prassi tanto estesa
quanto ancora fraintesa.
Dopo l’itinerante presentazione delle passate edizioni,
che ha fatto tappa in diverse sedi istituzionali italiane, quest’anno, tra le
altre, va notata la collaborazione con
ArtVerona.
Al pari delle precedenti, la tappa del 2009 è stata tenuta
a battesimo da un padrino/madrina: dopo Gabriella Belli (Mart) e Luigi Ficacci
(Soprintendente alla Cultura a Bologna), quest’anno è stato il turno di Lia
Rumma. Importante gallerista che, nella sua scuderia, annovera
William
Kentridge, a cui è
stato dedicato un omaggio, mostrandone quasi interamente la produzione (ed è la
prima novità).
L’approccio indagatorio e archivistico presenta un’ampia
quantità di artisti, parallela all’altrettanto ampio numero di tipologie e
personalità. Per la legge dei grandi numeri si trova di tutto, ma questi numeri
diventano davvero grandi e positivi nel momento in cui ci si confronta con le
possibilità che questa rassegna ha aperto a molti degli artisti che vi hanno
partecipato o se si sfoglia il catalogo (edito da Lupetti), altra importante
novità di quest’edizione.
La pubblicazione riassume l’intero percorso di
Videoart
Yearbook,
comprendendo il profilo degli oltre cento artisti invitati e i saggi scritti
dai membri del comitato, che confermano l’intento didattico ed esplicativo
della rassegna e la molteplicità di punti di vista che l’anno animata, anche a
livello curatoriale.
L’eterogeneità dei lavori è data anche da fattori
generazionali e di avvenuto riconoscimento da parte della scena artistica, dato
che nel cortile di Santa Cristina si sono susseguiti più e meno giovani, più o
meno famosi, uniti dalla scelta del supporto video a monocanale, unico limite
posto alle opere, oltre a un suggerimento di brevità.
La varietà non sempre soddisfa, ma sicuramente si possono
godere picchi di alto livello già in apertura:
Karin Andersen propone un video impeccabile, il
quale lascia trapelare la sensibilità nordica per il paesaggio, che vira verso
tratti onirici e fiabeschi in bilico tra un’atmosfera nostalgica e un po’
inquietante e un’ironia leggera e sospesa.
Bianco-Valente riprendono questo filo,
attorcigliandolo in ricami acquatici informi, in cui si ritrova il piacere per
il segno come simbolo del processo del pensiero, che caratterizza il lavoro di
questa coppia più che consolidata.
Sul mondo dei videogiochi interviene
Cristian Chironi col suo amore per il calcio e il
sottile uso delle dinamiche a esso legate, qui presenti in un micro-video che
le canzona abolendone la catarsi, con un piglio divertito e irriverente. Così
come fa
Luca Coclite,
il
quale con la stessa brevità gioca con un mondo che vorticosamente si gonfia e
si sgonfia, creando una semplice ed efficace metafora dell’immagine dell’attualità,
attraverso gli stessi stilemi usati per crearla.
Massimiliano Nazzi propone il video di una sua performance, superando
il mero uso documentativo del mezzo in favore di una sapiente costruzione dell’immagine,
a cui i suoi agglomerati di ventilatori e marchingegni si prestano
perfettamente; in questo senso è magistrale l’opera di
Giovanna Ricotta, vera e propria
mise en scène di una toletta surreale e
asettica, in cui la pulizia tagliente è ottenuta tanto dall’immagine che dalla
musica che l’accompagna.
Il suono o, meglio, la voce narrante è al centro del video
di
Marco Strappato,
che slitta da un linguaggio all’altro in modo sottile e disinvolto, mettendo in
risalto ciò che nasconde.
La rassegna si chiude con il meglio delle edizioni
precedenti, permettendo di comprendere quanto, da questa prima selezione, sia
da tenere d’occhio e quanto importante sia dar spazio e visibilità a questi
artisti.