Quattro sale, cento film e una dozzina di eventi speciali ed altrettanti collaterali alla manifestazione. Ecco i numeri di questo appuntamento giunto al suo 14esimo compleanno. E se per anni è passato in sordina, rappresenta ad oggi uno degli eventi più attesi nel panorama milanese per gli appassionati di cinema. Che, grazie a questo festival, possono ampliare gli orizzonti di un cinema così poco visibile.
La rassegna propone di tracciare una topografia cinematografica del continente nero in tutta la sua multiforme ricchezza. Attraverso tre sezioni principali ed altrettanti premi, i lungometraggi, i corti e i documentati, ai quali si sono affiancati poi altri appuntamenti speciali, come la rassegna dei film sul Ruanda e una ricca retrospettiva di film “classici” africani.
Lunedì scorso ad aprire le danze Baadasssss!, di Mario Van Peebles che, in un prodotto di docu-fiction veste i panni del padre Melvin alle prese con il set di Sweet SweetBack Baad Asssss Song(1971) film-culto underground, mitico apripista del genere “blaxploitation”, apprezzatissimo da Basquiat a Tarantino.
Sorprende la bellezza non solo visiva, ma anche di narrazione ed interpretazione di film come il senegalese Le Jardin de Papa e del marocchino Mille Mois(premiato come lungometraggio).
Tra i documentari merita attenzione When the War is Over del sudafricano Francois Verster, (vincitore di questa sezione). E’ una struggente testimonianza di un sudafrica post apartheid immerso in una difficile quotidianità, raccontata dal regista con sensibilità e gran talento visivo.
Curioso e divertente il documentario sul R&B Urban Soul del ghanese John Akomfrah cofondatore del Black Audio Film Collective e passato pure per Kassel…
Grande novità di questa edizione è la partecipazione delle molte pellicole dall’Asia e dall’America Latina. Tra le tante vale la pena segnalare due piccoli capolavori: Siete Dias, Siete Noches, vivace ed amaro affresco dell’Havana girato dal cubano Joel Cano. Take Out di Shin-Ching Tsou e Sean Baker. Ed ancora Uniform del cinese Diao Yinan, bellissimo film che per tanti versi dialoga con tematiche che da tempo tengono banco nell’arte contemporanea: la Cina, le uniforme, la periferia.
Purtroppo quest’anno non è stata programmata una sezione di “film d’animazione africano”, segmento cinematografico raro ma affascinante che nella precedente edizione del festival ha mostrato al pubblico i bellissimi lavori di William Kentridge e del meno noto Moustapha Alassane.
Grazie anche ai molti forum ed incontri con i registi che hanno animato vivaci dibattiti, il festival ha trasformato per una settimana la città di Milano in un crocevia di culture, immagini e storie, per fortuna non folkoristiche ma inedite e vitali.
riccardo conti
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