Negli ultimi anni il mondo televisivo ha visto una proliferazione non indifferente di svariate forme di reality shows. Partendo dall’esempio del Grande Fratello, il mondo dei media ha reso proprio con sempre maggior enfasi il mondo privato di personaggi disposti a sottoporsi a questa nuova forma di sadismo culturale. Le telecamere si nutrono ormai da tempo dei nostri segreti, bloccandoci in un voyeurismo continuato da cui è difficile sfuggire.
Il video Secrets for Sale di Elodie Pong, artista svizzera di origine cinese, proposto dal gruppo Xing in occasione del festival Your private sky (e che sarà ancora visionabile il 1 aprile), ammicca a questo mondo con sapiente arguzia e senso dell’ironia. Nato dall’istallazione interattiva ADN/ARN (Any Deal Now/Any Real Now), il video crea una sintesi di 64’ delle 160 ore filmate in un bunker di Losanna. La Pong in questo lavoro decide di avviare una compravendita per far propri i segreti proposti dalle cavie volontarie che hanno accolto il suo progetto. Ai partecipanti viene così inizialmente proposto un contratto (uno dei tanti che si firmano nell’era di Internet) sulla base del quale possono scegliere se affidare o meno un loro segreto all’artista. I volontari nelle loro confessioni non sono obbligati a dare la propria identità, ma vengono lasciati liberi di camuffare il proprio aspetto e la propria voce. Perché l’interesse della Pong non è comprare la loro identità, ma la parte più intima che hanno deciso di mostrare per l’occasione. Sono segreti a cui alla fine verrà dato un valore in Franchi svizzeri in base ad una corretta contrattazione (alle volte i volontari decideranno anche di donare questa parte di sé esposta alle telecamere).
L’opera vive di poche inquadrature fisse, in perfetto stile Grande Fratello, che segnano lo stile documentaristico che attraversa il filmato. L’abilità della Pong sta nel saperle gestire con una sapienza filmica capace di non far scemare mai il ritmo del video. Passando dai rifiuti al dare via una propria parte di sé, per arrivare alla vendita dei segreti più scabrosi (come uno stupro subito o un caso di coprofagia), l’artista svizzera monta il tutto con un senso di piacevole ironia che permette alla struttura del filmato di non congelarsi in una forma monotona altrimenti facile da raggiungere, visto la struttura dell’istallazione originaria. Il risultato finale è al contempo shoccante e divertente.
Curioso il ricorso ai travestimenti, spesso buffi ed eccentrici, utilizzati anche da chi non vuole camuffare la propria identità, ma che forse per una volta vuole provare ad essere diverso da se stesso.
Peccato solamente per il freddo della sala di proiezione dell’ eBo, ma quello proprio non lo si poteva evitare.
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