Simbolo di equilibrio precario, di fragilità, ma anche archetipo cosmico di fecondità: queste le valenze di un festival concepito (letteralmente!) come crocevia delle nuove tendenze performative legate soprattutto alla danza. All’interno di un calendario vario e ricco di ospiti internazionali, è stato riservato spazio anche al video, dal classico documentario alle espressioni di confine della performance: tema-guida la fisicità, vista soprattutto come mutamento e stato di bilico tra “normale” e “diverso”. Così l’Etrange Destin du colonel Jin Xing accompagna lo spettatore attraverso la traformazione del colonnello dell’esercito cinese Jin Xing in una voluttuosa ballerina, complice un destino che ha voluto imprigionare il desiderio di diventare donna nel corpo di un uomo.
Più sperimentali i lavori presentati dalla coreografa Meg Stuart e dalla sua compagnia Damaged Goods: Alibi, la ri-presentazione video (di Maarten Vanden Abeele) dell’omonima rappresentazione teatrale e Sand Table, ideato dalla Stuart e dall’artista francese Magali Desbazeille. Se nel primo sono lo spazio e il tempo della scena ad essere decostruiti e rimontati dal nuovo medium utilizzato, in modo da creare un altro
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