Entrati nel linguaggio comune da una quindicina d’anni, i media digitali si sono velocemente “evoluti” e trasformati in fertili campi espressivi per una serie di pratiche creative. Dall’installazione alla musica, dal video al videogame, passando per le ibridazioni con mezzi meccanico-analogici o con il corpo umano e legandosi sempre più strettamente allo spettatore come parte attiva del processo di (libera) fruizione estetica, il digitale ha contribuito a sviluppare una nuova ondata culturale ed artistica.
Ed è proprio questa ondata uno dei temi principali che hanno segnato l’edizione d’esordio: il digitale divenuto il nuovo pop è il perno della mostra Wave.it, con le videoproiezioni di Gregory Chatonsky, l’ambiente audio-visivo interattivo di Seiko Mikami e Sota Ichikawa, l’ASCII che diventa contraltare del quotidiano nell’installazione di Tobias Grewenig, la videoproiezione sensibile di Motor. L’onda lunga della sperimentazione è invece rappresentata dall’installazione di Mario Canali e dalle performance di Otolab e del progetto Pirandèlo (MouLips e Claudio Sinatti).
Altro fenomeno di non poca importanza è quello del videogame, che ha ormai segnato l’immaginario collettivo e che ha prodotto i suoi frutti al di là del puro ambito ricreazionale: GameScenes ne fa una carrellata storica, dai rappresentanti di prima generazione alle nuove leve, che spogliano il videogioco della sua parte ludica per trasformarlo in artistico o che ne esplorano gli ambiti attraverso altri media, come Mauro Ceolin o Nullsleep.
Poi c’è Internet: libero, interattivo, globale e in real time. Scontata la sua esplorazione per rielaborare modalità espressive della cultura statica e analogica, e per creare nuovi stilemi visuali e narrativi, esplorati nel percorso di Digital Storytellers.
A proposito di commistioni ed evoluzioni, immancabile la sezione dedicata al cinema. Qui il “rapporto” con il mezzo digitale permette agli autori non solo una produzione a basso costo, impensabile con l’utilizzo della pellicola, ma anche nuove possibilità di sperimentazione e di relazione con il pubblico. Dalla ripresa al montaggio, dai luoghi di “consumo” alle piattaforme di ultima generazione, l’immagine in movimento ha trovato notevoli occasioni per rinnovarsi o per analizzare in maniera critica i “fondamentali” della settima arte, come Jürgen Reble con i suoi esperimenti di aggressione chimica della pellicola.
Commistione (o meglio ibridazione) è il leitmotif anche per le performance: in POL ( di Marcel.lì Antunez Roca, uno dei fondatori della Fura dels Baus) e in Fiestas Populares, digitale ed organico danno –letteralmente- vita a spettacoli in cui il pubblico è chiamato a rispondere agli stimoli offerti dagli attori e dall’ ”ambiente” creato digitalmente.
Immagini, ma non solo. La rivoluzione digitale ha investito tutti i campi della catena produzione-fruizione artistica e non mancano, dunque, gli appuntamenti dedicati alla musica (con artisti come Daniel Bell e Olaf Bender, passando per gli italiani Strek vs Aztmo e Popolous) e alla scrittura (con l’appuntamento sulla Scrittura mutante). Condivise, ovviamente…
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