04 marzo 2010

visualia_interviste L’arte, che piazza!

 
A Firenze, un festival di successo che ha presentato la nuova produzione cinematografica sulle arti contemporanee, la cui forza sta anche nella capacità di “fare sistema”. Ne abbiamo parlato con la direttrice e il presidente del festival e dell'associazione Schermo dell'Arte, Silvia Lucchesi e Luca Dini...

di

A Firenze ha festeggiato alla fine del 2009 il suo secondo
compleanno il festival internazionale di film sulle arti contemporanee Schermo
dell’Arte
.
Com’è nato il progetto?

Silvia Lucchesi: Il progetto è nato come costola del Festival
dei Popoli
di Firenze
e si è resa indipendente due anni fa. Appena fatto questo passaggio, ci siamo
resi conto che il progetto poteva andare in altre direzioni oltre a quella di
presentazione di film sulle arti contemporanee. Quindi la forma festival, a cui
teniamo moltissimo, non sarà l’unica direzione del nostro lavoro.
Luca Dini: La sua identità, a metà fra cinema e arte, ci
consente di spaziare in varie direzioni. Certo è che il lavoro sull’immagine in
movimento è quello che c’interessa di più dal punto di vista curatoriale.
L’idea di fare un altro festival del cinema ogni anno però non ci basta, questa
è l’inquietudine dello schermo dell’arte.

Lo Schermo dell’Arte sembra avere anche la vocazione di avvicinare il
pubblico in modo divulgativo ad artisti e opere. Basti pensare all’interessante
documentario sull’opera dell’artista svizzera Pipilotti Rist o il toccante film
sulla vita e la produzione artistica di Alice Neel…

S.L.
: Insegno all’università e mi sono resa conto come
questo genere di produzione cinematografica sia adattissimo alla didattica.
Intanto perché fai vedere i volti degli artisti e li fai conoscere come persone
e non più solo come nomi su dei cartellini nell’ambito delle mostre. Quindi
aiutano a rompere una barriera di diffidenza nell’avvicinarsi a un linguaggio,
quello dell’arte contemporanea, che può sembrare incomprensibile ai più. È uno
strumento molto efficace per parlare d’arte, ma non è l’unico: si può parlare
d’arte anche lavorando con gli artisti e inventando dei progetti insieme.
La serata inaugurale della seconda edizione de Lo schermo dell'arte
Il medium del video, del film documentario, è utilizzato anche
per far luce sul mercato dell’arte, come nel caso degli interessanti esempi di Cultivating
the desert
,
sulla scena artistica contemporanea e i suoi attori a Dubai, e The great
contemporary art bubble
di Ben Lewis, un’indagine sui meccanismi del mercato
internazionale dell’arte. Come avete selezionato i contenuti?

S.L.
: Presentiamo una produzione recente con le risorse a
disposizione e il programma si costruisce insieme a quello che viene prodotto.
Il film su Dubai è stato realizzato dopo che l’autore aveva letto, due anni fa,
dell’apertura di una sede di Christie’s nella capitale della speculazione
finanziaria, che raggiungeva così anche il mercato dell’arte. Si è venuta a
creare una relazione del sistema dell’arte con la crisi economico-finanziaria
che è apparsa evidente ad alcuni autori.

Siete riusciti anche a “fare sistema” con altre prestigiose
istituzioni del territorio, come la Strozzina e il Pecci. È stato un processo
naturale nato da interessi e obiettivi comuni?

S.L.
: è stato
assolutamente naturale, perché gli interessi sono comuni. Questo è importante
perché non c’è nessun tipo di concorrenza, nessuno vuole primeggiare sugli
altri, chi lavora in questi ambiti sa benissimo che si lavora insieme.
L.D.
: Vuol dire anche trarre forza dalla propria debolezza,
la debolezza di istituzioni piccole che nascono in maniera autogenerata dalla
passione e professionalità di privati. Penso che sia il momento giusto per
attivare nuove sinergie anche grazie al cambio in comune, in provincia e tra
poco in regione.
La coda all'ingresso per la seconda edizione de Lo schermo dell'arte
Come si sostiene economicamente il festival? Ci sono
finanziamenti pubblici, privati?

L.D.
: Come struttura autonoma, l’anno scorso abbiamo avuto
un sostegno dalla mediateca, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e
dall’Osservatorio sulle arti contemporanee. Questi sono stati i primi complici.
La Regione Toscana quest’anno ci ha anche inserito nel progetto Toscana
InContemporanea
. Però
non è solo la questione di ricevere i soldi dagli enti pubblici ma anche di
creare un sistema di collaborazione con gli enti, i colleghi, le altre
istituzioni. Per esempio, una serie di film presentati erano in collaborazione
con Strozzina, Museo Pecci, Museo Marino Marini, Ex3, che a loro volta in quel
momento avevano in mostra opere di quell’artista. È chiaro che sarà importante
il passo successivo, perché tutti abbiamo bisogno di maggiori investimenti e
penso che la città intesa come centro, area metropolitana, e il sistema-Toscana
ha in questo momento le potenzialità giuste.

Dopo l’esito positivo di questa seconda edizione del festival
avete già altri progetti da realizzare a breve-medio termine?

S.L.
: Stiamo lavorando a progetti che vanno dalla forma più
semplice, che consiste nel cercare di far girare parte del programma sia in
Italia che all’estero. E poi dei progetti ambiziosi di produzione e ricerca. La
forma festival all’interno dei 50 giorni rimane però; poi vorremmo realizzare
altre attività durante l’anno sempre in collaborazione con altri. Potrebbe
essere interessante provare anche a immaginare un concorso per giovani autori
italiani, e questa è una cosa che ovviamente noi da soli non saremo in grado di
portare avanti.

a cura di giorgia losio


Info: www.schermodellarte.org

[exibart]


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