Categorie: visualia

visualia_interviste | Ovni

di - 4 Settembre 2008
Può sembrare assurdo, ma la tecnica di espressione più diffusa del momento, complici anche la planetaria diffusione di pseudo-cataloghi online (si vedano YouTube e Vimeo per tutti), ha bisogno di essere salvaguardata. Il video, ebbene sì, lungi dall’essere un medium in via d’estinzione, è destinato a marcare la memoria solo per il tempo dedicatogli per la visione. Per questo e per ben altri motivi nasce Ovni, che all’archivio di materiale videografico coniuga l’attività di ricerca con spiccato senso critico nei riguardi della società contemporanea e un’indole da attivista e sostenitore della produzione indipendente.

Mischiamo le carte: partiamo dalla fine. Come funziona oggi Ovni?
Ovni funziona oggi come un archivio e un centro di ricerca. Ufficialmente è un’associazione culturale. Questo significa che parte del nostro lavoro consiste nel dare appoggio e consulenza a tutte le persone che si rivolgono a noi per visionare il materiale presente in archivio, siano essi curator, videomaker, docenti, studenti, ricercatori, persone di varie età e con ambizioni diverse. La ricerca consiste prevalentemente nel recupero di materiale video nuovo, lo scambio di contatti e relative informazioni legate al progetto e l’organizzazione della mostra, che si realizza ogni anno e mezzo al Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona (Cccb).

Cosa è cambiato rispetto all’inizio?

Oggi Ovni è cresciuto moltissimo rispetto ai primi anni (ormai sono circa quindici anni che il progetto esiste) e tra i fondatori rimangono presenti e attivi Toni Serra e Joan Leandre, a cui si aggiungono Rosa Llop e Simona Marchesi, senza contare le persone o i collettivi che fanno parte del progetto apportando materiale e dedicando tempo ed energie, senza essere fisicamente presenti nella sede catalana. In generale, la struttura di Ovni non è gerarchica e tendenzialmente ci dividiamo il lavoro anche secondo la nostra affinità. Il nostro modo di lavorare spesso è poco ordinato, da cui il nome desorg.org, ma sempre caratterizzato da una grande umanità.

Quali sono stati e saranno i principali impegni per questa stagione?
Gli impegni per la stagione in corso, che chiamiamo “itineranze”, sono collaborazioni puntuali in cui proponiamo un programma di video proiezioni. In questi ultimi mesi abbiamo presentato quattro programmi all’interno del festival Lux a Londra; ad agosto abbiamo partecipato a due programmi in Messico, di cui uno a Oaxaca con un corso di video incluso; mentre a ottobre saremo in Argentina. Per quanto riguarda l’Italia, dal 10 al 13 luglio abbiamo collaborato con il festival dei Paesi Andini, a Brescia, e in aprile con Ambient Festival.

Da dove viene l’idea di un Osservatorio di Video? Segue un principio di catalogazione o piuttosto si connota come una possibilità per talenti nascosti?
I video selezionati non sono un biglietto da visita per giovani esordienti. Con gli autori e i collettivi abbiamo un rapporto molto stretto. Ci sono persone che davvero sostengono certi ideali, non solo in modo astratto ma dedicando la propria vita. Moltissime persone ci sostengono e con il tempo si è creata una rete di contatti molto forte. Sono parte attiva del progetto. Mi riferisco a persone come Dee Dee Halleck, Rick Pralinger, René Voitier, Jim Fleming e Autonomedia, Big Noise Films, Frontera sur, Calle y media, Promedios, Bol-ar e moltissimi altri, dispersi ovunque ma sempre pronti a partecipare. L’idea di creare un archivio risale al 2000, dopo aver avuto varie esperienze di festival. L’archivio ci permette di dare accesso ai video anche in altri momenti, esterni all’evento, e inoltre di mantenere viva la ricerca e appoggiare la diffusione delle produzioni “indipendenti”.

Che cosa intendete con l’etichetta “non identificato”?
Sarebbe bello non dover mettere etichette e lasciare che le cose si possano “sentire”. Una sola parola per definire concetti molto più complessi è riduttiva. Per questo il gioco di parole: osservatorio di video non identificato, per evitare di dover definire una categoria di video a cui facciamo riferimento. Non per mistero ma perché realmente non esiste una chiara categoria e il non identificato è un’etichetta che in realtà tende a non definire. Il “non identificato” sta per molte cose: non riconosciuto, difficile da definire, che si muove all’interno di un territorio ignoto o poco chiaro…


È curiosa l’idea di dare un contributo all’artista per ogni proiezione. Funziona? È un modo per rapportarsi al copyright e alla vendita di un’opera dalla facile riproducibilità tecnica?

Sembra molto più curioso non pagare l’utilizzo di un video per una proiezione. Purtroppo, però, il video indipendente è spesso considerato come un “hobby”. Da parte nostra è un grande impegno, sia economico che organizzativo. Ogni volta che si organizza una proiezione esterna a quello che è il festival Ovni di Barcellona, oltre a dover preparare il materiale da proiettare e fare un programma, dobbiamo anche occuparci di contattare gli autori, nonché di predisporre i pagamenti. Per quanto riguarda la questione del diritto d’autore, abbiamo deciso di trattare tutti i video -che non sono di nostra di proprietà- allo stesso modo, indipendentemente dal fatto che l’autore abbia messo copyright, copyleft o cc.

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link correlati
www.desorg.org
www.cccb.org
www.luxfestival.co.uk
www.ambientfestival.it

a cura di claudio musso

[exibart]

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