28 aprile 2004

visualia_videoclip Franz Ferdinand – Take me out

 
Dada, costruttivismo russo, surrealismo e quant’altro. In un crescendo caleidoscopico, il video dei Franz Ferdinand, nuovi protagonisti della scena indie britannica, genera un musical di immagini d’avanguardie storiche. Una vertigine delirante che segue il ritmo scomposto della band…

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Qualsiasi appassionato di arte contemporanea che abbia visto il video dell’ultimo singolo dei Franz Ferdinand, Take me out, tratto dal loro primo ed omonimo disco, certamente non ha potuto far altro che sorridere e rimanere piacevolmente soddisfatto.
Il video propone, infatti, un immaginario che, per chi vive di arte, è arcinoto: il brano che man mano sta scalando le vette delle classifiche di Mtv (ormai già diventato suoneria per cellulari), viene interpretato dal regista Jonas Odell in un video carico di soluzioni prese in prestito da un campionario che trova nel Dadaismo berlinese, nel Costruttivismo russo e in parte anche nel Surrealismo e nella nostra Metafisica la sua fonte di ispirazione. Ne nasce un’animazione 2d vorticosa e ironica, sviluppata in un climax continuo (quasi allucinatorio), incastrato perfettamente con la musica scomposta e ritmata degli scozzesi.
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Se la prima parte del video, che dura appena un minuto circa, dà un assaggio di come si svilupperà il seguito, con collage di matrice costruttivista e ruote di memoria duchampiana, è soprattutto nella seconda parte che esplode la vertiginosa regia di Odell. La musica qui si trasforma improvvisamente, cambiando in maniera radicale. Un giro di chitarra seriale crea un ritornello volutamente ridondante, che solo parzialmente viene spezzato. Odell decide di trarre il massimo da questo “dadaismo musicale”, generando quasi un musical di immagini d’avanguardia. La maggior fonte di ispirazione è indubbiamente Raoul Hausmann (e in parte anche la sua compagna Hannah Höck), e i suoi fotomontaggi scomposti. I Franz Ferdinand vengono trasformati continuamente, divenendo automi ricreati tramite collage dissonanti, mentre una specie di karaoke viene ricreato ricorrendo a caratteri da stampa a caratteri mobili, in perfetto stile berlinese. La musica coinvolge ogni elemento, facendo pulsare volumetrie alla Lissitzskij, alternate con le scarne soluzioni di un Kazimir Melvic, che ballano liberate quasi dal peso della loro tela.
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Ma Odell non si ferma qui: pugili di Arthur Cravan si muovono a tempo, mentre fughe prospettiche e interni di derivazione dechirichiana/magrittiana vengono ravvivati da immagini di un imprecisato campionario surrealista (Max Ernst o lo stesso René Magritte), per finire con citazioni classiche che hanno un immancabile Dalì come fonte ispiratrice. Il tutto mentre automi vittoriani scandisco le coreografie hollywoodiane che spingono, in questa spirale caleidoscopica, fino al concerto finale dei Franz Ferdinand (un po’ automi, un po’ umani), su un immenso palco costruttivista, in una fabbrica di macchine celibi, che ballano fino a chiudersi in quelle onde radio che sfumano nel finale.

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edo grandinetti


Take me out
singolo tratto da Franz Ferdinand – Domino 2003
Franz Ferdinand
director: jonas odell
producer: john moule
production company: domino records
realizzazione: gennaio 2004
durata: min. 4:06


[exibart]


1 commento

  1. Aggirandomi in rete alla ricerca di qualcosa che desse conferma ai miei sospetti riguardo il legame tra questa brillante band scozzese e l’arte moderno-contemporanea, mi sono imbattuta in questo articolo. Il mio interesse in realtà riguardava il nuovo video dei Franz Ferdinand, “Do you want to” (primo singolo estratto dal nuovo album “You Could Have It So Much Better”) che mi ha subito colpito per i chiari riferimenti all’arte contemporanea contenuti al suo interno.
    La citazione in questo caso avviene in un vero e proprio luogo fisico.
    L’ambiente è quello del tipico museo d’arte contemporanea. Il pubblico anche.
    Mentre quest’ultimo sorseggia composto il suo flute di spumante, ammirando e commentando con aria di chi se ne intende le varie installazioni, i Franz Ferdinand si aggirano tra il pubblico, portano scompiglio tra le immobili modelle in bikini e identiche tra loro (come non pensare a Vanessa Beecroft?), intervengono trascinando, come farebbe un Yves Klein, corpi nudi di modelle impregnati di colore su tele stese a terra.
    Il tutto mentre la telecamera inquadra ora un orinatoio (qui collocato per il verso giusto!), ora un uomo immobile seduto in un angolo con lo sguardo inebetito (che ci riporta alla mente il ragazzo down che De Dominicis aveva esposto in quella Biennale del ’72), ora uno strano dj intento a sperimentare, alla John Cage, suoni con un mixer e un frullatore.
    Il pubblico inizialmente irritato dalle incursioni moleste dei FF, sembra lasciarsi poi andare anch’esso a balli sfrenati che vedono coinvolte (e sconvolte) le opere stesse (tanto che le modelle “alla Beecroft” improvvisano un can can con la band) in un crescendo sempre più delirante.
    Che la citazione in questo caso sia solo la brillante testimonianza di una colta passione per l’arte, come avveniva nel video di “Take Me Out” e più in generale nelle copertine dei loro album e singoli (palesemente ispirate al Costruttivismo russo di Rodcenko e Lissitskij), o che si tratti di qualcosa di più, i Franz Ferdinand non lo lasciano intendere. Resta il fatto che con il tentativo di irrompere nel (finto) museo d’arte contemporanea sconvolgendo il pubblico “habituè” e interrompendo un tipo di visione puramente contemplativa, i FF sembrano ironicamente far crollare tutta la serietà, sacralità, auraticità che il museo di natura porta con sé.
    Quanto di questa azione sovversiva sia consapevole o meno resta un mistero, dal momento che dichiarazioni a riguardo i Franz Ferdinand pare non ne abbiano lasciate.

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