20 marzo 2024

Lo strano caso delle opere di Damien Hirst del 2017 retrodatate agli anni ’90

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Tre opere della famosa serie degli animali in formaldeide di Damien Hirst realizzate nel 2017 sarebbero state artificiosamente retrodatate agli anni ‘90: arte concettuale o inganno?

Damien Hirst, Myth Explored, Explained, Exploded

Con i suoi lavori incentrati sul senso della morte e sulla caducità della vita, il tempo è sicuramente una delle questioni centrali nella ricerca artistica di Damien Hirst, solo che, questa volta, il bad boy dell’arte contemporanea ha preso questa attitudine un po’ troppo alla lettera. E per passare dal concettuale alla giurisprudenza ci vuole un attimo. Secondo quanto riportato dal Guardian, infatti, tre opere della famosa serie degli animali conservati sotto formaldeide, realizzate nel 2017, sarebbero state retrodatate dalla sua società, la Damien Hirst and Science Ltd, agli anni ’90. Si tratta di una colomba, uno squalo e due vitelli, esposti negli ultimi anni in tutto il mondo, tra Hong Kong, New York, Monaco, Londra e Oxford, a testimonianza dello stile di Hirst negli anni ’90, periodo fondamentale nella carriera di colui che, all’epoca, era il più in vista degli Young British Artists. Nel 1991, Hirst scioccò il mondo dell’arte e non solo con lo squalo di The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living, vincendo nel 1995 il prestigioso Turner Prize, che gli avrebbe poi spalancato l’olimpo e il mercato.

Le opere retrodatate sono state realizzate dagli assistenti di Hirst in un laboratorio a Dudbridge, nel Gloucestershire, nel 2017, per apparire lo stesso anno in una mostra presso la sede di Gagosian a Hong Kong. L’esposizione, intitolata Visual Candy and Natural History, era stata presentata come una selezione di dipinti e sculture della prima metà degli anni ’90. Nelle didascalie delle opere in mostra, vengono riportate le date del 1994 per Cain and Abel, composta da due vitelli messi fianco a fianco in due box bianchi, del 1999 per Dove, un uccello con le ali spiegate come se fosse in volo, e del 1993-1999 per Myth Explored, Explained, Exploded, uno squalo sezionato in tre parti e riposto in altrettante vasche, attualmente esposto al museo MUCA di Monaco.

Il Guardian non è riuscito a trovare alcuna menzione dell’esistenza delle opere, in qualsiasi forma, prima del 2017. Se la colomba sembra sia stata venduta in occasione della mostra di Hong Kong, i vitelli e lo squalo sono apparsi in diverse gallerie e musei pubblici tra Stati Uniti ed Europa, tra il 2018 e il 2024 e in ogni occasione sono stati esposti accanto alle opere datate agli anni ’90. Rispondendo al Guardian, la società di Hirst ha spiegato che la data assegnata alle opere in formaldeide non rappresenta però la data in cui sono state realizzate. «Le opere di formaldeide sono opere concettuali e la data che Damien Hirst assegna loro è la data di concezione dell’opera», spiegano dalla Damien Hirst and Science. «Nel corso degli anni è stato chiaro quando gli è stato chiesto cosa sia importante nell’arte concettuale: non è la realizzazione fisica dell’oggetto o il rinnovamento delle sue parti, piuttosto l’intenzione e l’idea dietro l’opera d’arte».

Gli avvocati di Hirst hanno chiarito che «La datazione delle opere d’arte, e in particolare di quelle concettuali, non è controllata da nessuno standard di settore», aggiungendo che «Gli artisti hanno perfettamente il diritto di essere (e spesso sono) incoerenti nella datazione delle opere».

Il Guardian però riporta la testimonianza di diverse fonti, secondo le quali la società di Hirst avrebbe incaricato gli assistenti di invecchiare artificialmente le sculture del 2017, facendole sembrare come se fossero state realizzate negli anni ’90. Il limite con la falsificazione sembra essere piuttosto labile a questo punto ma gli avvocati di Hirst hanno spiegato che il anche questo processo di invecchiamento artificiale fa parte del processo artistico.

Al di là delle sentenze affrettate, la questione è in effetti complicata. Opere deperibili come quelle di Hirst presentano difficoltà di conservazione evidenti. Nel 2006, fu necessario sostituire lo squalo tigre di quattro metri di The Physical Impossibility of Death, che era stato acquistato dal miliardario statunitense Steve Cohen per 8 milioni di dollari. In questo caso, sia l’artista che il collezionista erano d’accordo sulla sostituzione, che fu pagata dallo stesso Cohen. Ma si può parlare della stessa opera? «È un grosso dilemma», ammise Hirst all’epoca. «Artisti e conservatori hanno opinioni diverse su ciò che è importante, l’opera d’arte originale o l’intenzione originale. Vengo da un background di arte concettuale, quindi penso che dovrebbe essere l’intenzione».

Nel caso delle opere del 2017, però, entra in gioco una questione di trasparenza: la colomba, i vitelli gemelli e lo squalo sezionato non erano opere da restaurare e nemmeno riproduzioni di lavori precedenti. Negli ultimi anni sono stati presentati nelle gallerie di tutto il mondo incluse tra opere risalenti agli anni ’90, inducendo il pubblico a cadere in un fraintendimento, dovuto anche al fatto che, attualmente, non esiste un catalogo ragionato delle opere di Hirst, quindi gallerie, case d’asta e musei devono affidarsi alla Hirst and Science per avere riscontro sui dati delle opere. E si sa che chi gestisce le informazioni ha sempre ragione.

D’altra parte, non è la prima volta che emergono dettagli poco chiari sul passato di Damien Hirst. Nel gennaio 2022, al New York Times, l’artista ammise candidamente di non aver mai venduto a 100 milioni di dollari For the Love of God. L’iconico teschio di platino tempestato di diamanti, il cui acquisto, nel 2007, si ricorda come un record che spianò definitivamente la strada del mercato a svariati zeri, sarebbe stato comprato dalla galleria che lo espose, la White Cube di Londra, insieme ad altri investitori e allo stesso Hirst e, attualmente, si troverebbe conservato in un deposito.

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