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exibinterviste La giovane arte – Alex Pinna
parola d'artista
Ebbene si, in Italia ancora si fa scultura. Tra lambda print, plotter, dvd e quant’altro caratterizzi la scena artistica contemporanea Alex Pinna fa scultura. E bene. Exibinterviste ha avuto con lui una lunga chiacchierata telefonica sull’asse Torino-Roma, ed ora, ecco a voi i risultati…
di Paola Capata
Senza dubbio la scultura è il medium privilegiato della tua ricerca. Un medium antichissimo e difficile, che tu reinterpreti in una chiave assolutamente originale e poetica. Mi piacerebbe conoscere le ragioni che hanno mosso la tua scelta, il perché del tornare a fare scultura adesso, e quali difficoltà –se ci sono state-hai incontrato.
Quello della scultura è ancora un territorio possibile… in questi anni da parte della critica e delle gallerie non c’è stata molta promozione a differenza, ad esempio, della fotografia, del video o della pittura che hanno avuto più attenzione con esiti a dir poco sconfortanti …la scultura essendo stata in un certo senso emarginata, ha così ha conservato maggior forza ed autenticità…
La scultura è un linguaggio essenziale, corpo a corpo, tra materia ed idea e l’aspetto manuale del lavoro è molto “magico”. Per questo io cerco di lavorare da solo, fatta eccezione per le fusioni in bronzo, anche se poi l’ultimo passaggio, le patine, lo controllo io. Anche perchè il lavoro manuale conduce a degli incidenti di percorso, che sono molto interessanti e portano a continue scoperte.
Alcuni mesi fa hai partecipato all’ottima iniziativa di Andrea Bellini, la mostra Cosa arcana et stupenda a Sermoneta, che si poneva, tra gli obiettivi, quello di fare il punto sulla situazione dell’attuale scultura italiana. Pensi che in questo momento storico sia giusto parlare di Nuova Scultura Italiana?
Non penso esista una vera e propria nuova scultura italiana, c’è soltanto la scultura italiana, figlia di una lunga storia. Quella è stata sicuramente una buona mostra, che rispecchiava le idee del curatore. Andrea Bellini è soprattutto uno storico dell’arte, forse per questo ha avuto una visione più profonda, meno “modaiola”, ed è riuscito a riconoscere nella scultura le verità del suo linguaggio.
Piccoli feti dagli arti esageratamente lunghi, fragili ed inquietanti al tempo stesso. Figurine fiabesche che giocano con Mickey Mouse (Mi è sembrato di vedere un gatto, ViaFarini, Milano, 1997) o che galleggiano tra lune di gesso (Muovi bene il tuo pensiero, Galleria Ronchini, Terni, 2002).
Parliamo del tuo immaginario: chi sono queste presenze? Come nascono?
Ho iniziato a lavorare con i feti nel ‘94, condividendo per qualche anno lo stesso soggetto con Kiki Smith (lei aveva una visione del tutto femminile, molto viscerale…io più fredda, mentale). Ho scelto di rappresentare il feto di quattro mesi, perché è l’inizio della vita giuridica, pur essendo ancora incontaminato. Volevo un soggetto che mi permettesse di essere in bilico tra ironia e dramma, ma che fosse anche delicato e che implicasse un ritorno alla figura…
Non voglio simulare alcuna manipolazione genetica, ma semplicemente suggerire che molto facilmente le cose potrebbero diventare diverse da quelle che sono; infrangere i vincoli anatomici o gravitazionali (pensa alla possibilità di cieli con tante lune-Muovi bene il tuo pensiero, Ronchini, 2002 n.d.r.-) semplicemente per vedere cosa succede. Mi sembra che non ci si sorprenda più di nulla, e allora tento di comunicare possibili emozioni. Ad esempio tutto il lavoro su Pinocchio… è un libro inesauribile. Tutta la favola, ad esempio, ruota sull’assenza delle figura materna: la fatina è un immagine ambigua, secondo me è l’amante di Geppetto…e poi sto bambino con un simbolo fallico sul viso…ogni pagina sfida il lettore. Anche la visione della madre può essere aggiornata…non è vero che le madri sono tutte madonne, campano di bugie come tutti. Mia mamma per mettermi a letto mi faceva credere di avere la febbre, ed io mi convincevo automaticamente di stare male davvero!
Quali sensazioni vorresti far provare a chi osserva le tue opere? E che sensazione comunicano a te mentre le esegui e una volta terminate?
Mentre lavoro sono contemporaneamente in uno stato di all’erta e di trance. Michelangelo diceva che scolpire è solo togliere la materia in eccesso, mentre per me è l’artista che deve entrarci, trasformarsi in essa. Per paradosso è l’artista che riesce ad essere imprigionato nella materia non la scultura. Oggi la norma è consumare velocemente, anche per l’arte; per far questo serve un codice; in mancanza di esso devi decifrare da solo, quindi entrare almeno in contatto con ciò che vedi. Io vorrei non dare codici per decifrare una mia emozione, semplicemente stimolare quelle di chi guarda
A cosa stai lavorando in questo momento e quali sono i tuoi prossimi impegni?
Ho tante idee ma al momento con i lavori di ristrutturazione del nuovo studio sto facendo il muratore. Scherzi a parte, ho dei progetti sul rapporto tra scultura e matematica. Mi piace lavorare sulle cose che sono un po’ abbandonate, come per le marionette ed il circo, ambiti culturali superficialmente censurati come folkloristici. A Miart poi ho proposto la prima scultura sul tema delle passioni (in questo caso quella per il vino).
Inoltre è in preparazione una mostra in Emilia, all’interno della rassegna Rocche e Scultori. 5 rocche per 5 scultori, io inauguro il 13 luglio alla rocca di Bertinoro. Essere, come in questa mostra al fianco ad artisti come Mainolfi e Maraniello, mi permette di avere un confronto-continuità molto stimolante, forse più che le continue mostre con i miei coetanei…
In Italia c’è la cattiva abitudine per cui ogni generazione deve disconoscere quella precedente, mentre io penso che bisogna confrontarsi e soprattutto farsi forti delle proprie paternità. Nel ’99 in un testo (Liberitutti, Galleria Ciocca, Milano 1999, n.d.r.) ho sostenuto la mia vicinanza ad artisti come Cucchi, Pascali, Boetti, de Dominicis, Novelli, Giacometti e sono stato molto criticato per questo…
Beh per questa mostra dovrò presentare parecchi lavori, quasi dieci anni di produzione, ho un’intera rocca a disposizione e sono il più giovane della rassegna. Direi che è entusiasmante…ci verrete?
Bio
Alex Pinna classe ’67, ha all’attivo numerose mostre in importanti gallerie italiane. Nel 1997 espone a ViaFarini, e nel 1999 alla galleria Ciocca di Milano. Partecipa alla mostra curata da Andrea Bellini a Sermoneta, Cosa arcana et stupenda, 2001. A febbraio ha inaugurato la sua personale alla galleria Ronchini di Terni.
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Da Ronchini Arte la personale di Alex Pinna
A Sermoneta un’interessante panoramica sulla scultura in Italia
Paola Capata
Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di Paola Capata
[exibart]
Bella l’intervista. piacevoli anche le risposte di Alex che in qualche modo rendono conto sul suo operato e sulla necessità di esprimersi tramite la scultura. A tal proposito mi viene alla memoria uno scritto di Bartorelli circa la “nuova scultura” redatto per la mostra “Sculpture” presso Perugi Artecontemporanea a Padova. Ma Alex??? eri d’accordo con qanto diceva il tuo curatore?? Vorrei saperne di + in proposito. A presto.