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La prima mostra del 2001 è dedicata a Francesca Woodman, una delle più giovani e dotate fotografe degli anni ’70. Abigail Solomon-Godeau la considera una sorta di genio straordinario nella storia tutta al maschile della fotografia. Nasce a Denver nel 1958, muore a New York nel 1981. Sua madre Betty è ceramista e suo padre George pittore. Francesca cresce insieme al fratello Charlie nello studio dei genitori e passa gran parte della sua giovinezza nella città universitaria di Boulder. A partire dal settembre del ’75 frequenta la Rhode Island School of Design di Providence. Ammira il lavoro di Man Ray, Duane Michals, Arthur Fellig Weegee. Nel ’77-’78 vive un’intenso periodo creativo a Roma come borsista della Rhode School. Qui i suoi interessi principali si riconfermano essere il Simbolismo fotografico di Max Klinger, da cui trae Eel Series (1977) e il Futurismo.
A Roma conosce il gruppo della Transavanguardia e frequenta la Galleria Maldoror dove presenta la sua prima mostra. Esposto in galleria Sozzani tutto il lavoro fotografico dell’Artista (tecnica, stampa alla gelatina d’argento): dalle prime foto del ’73-’74, la serie Space e House del 1975-76, la serie Angels (On Being an Angel, 1977-1978) e i blueprints che sono i suoi ultimi diazotipi: fotografie stampate su carta blu o seppia, realizzate al suo ritorno a New York ed esposte all’Alternative Museum. A NY vive a East Village dove sperimenta la fotografia di moda ispirandosi al lavoro di Deborah Tuberville. Nell’ ’81 esce l’edizione a stampa di “Some Disordered Interior Geometries”, uno dei sei quaderni (libri) fotografici progettati durante il soggiorno romano. Il 19 gennaio si chiude il suo rapporto con il mondo: “..Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza di caffè e vorrei piuttosto morire giovane preservando ciò che ho fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate..”
Con la foto Francesca Woodman scrive la propria identità, è autobiografa. Una scrittura fotografica in bianco e nero espressa con i linguaggi del corpo, nudo o vestito. Silenzi ripetuti per variazioni infinite, attimi di vita sospesa tra l’adolescenza e la prima maturità, poesie visive. Ciò che appare alla vista, la pelle denudata, è immagine di un’altra immagine (immagine doppia), in continua oscillazione tra il davanti e il dietro della camera da presa. Il resto è Francesca, crisalide e farfalla, è la sua anima-scrittura. Lei e i suoi soggetti esprimono dall’interno l’identità femminile: momenti di presenza-assenza, come nella serie che prende appunto il nome di Angels, dinamiche vitali, sequenze (si vedano le foto Charlie the Model 2 – 11), pezzi di vita volutamente fermati, colti, inscritti, dalla forza immobilizzante dell’obiettivo. La fotografia quindi come partecipazione della mortalità, della vulnerabilità e della mutabilità di un’altra persona (o di un’altra cosa). Ed è proprio isolando un determinato momento e congelandolo che tutte le fotografie attestano l’inesorabile azione dissolvente del tempo. Centrale nell’opera della Woodman il rapporto tra il proprio corpo e i movimenti dello spazio. Così nella serie House (1975-76) Francesca gioca a nascondino con il riverbero di luce di una finestra o dietro la pericolante cornice di un camino, la sua figura svapora e si smaterializza attraverso rapidi movimenti. Oppure in From Space² (1975-76), dove c’è l’esperienza tattile del gioco complesso tra la propria fisicità e quella del vetro che mostra e trattiene. L’uso e la presenza del vetro si può accostare a quella di uno specchio, simbolo dell’identità complessa, in cui il volto si riproduce come riflesso di un corpo che procede a carponi – Self-Deceit, auto-inganno appunto (1978) – oppure è il corpo stesso ad essere contemporaneamente incastrato, nascosto e protetto tra uno specchio ed una lastra di vetro. La fotografia di Francesca Woodman può anche essere avvicinata ad una scrittura che procede al contrario, come davanti ad uno specchio, ad un parlare di sé dicendo l’altra parte di sé, o ad una battaglia per essere bi-dimensionali.
Scrive la Woodman in margine ad una sua foto: “Questa è l’ultima pagina di una storia – Io da piccola leggevo sempre al contrario. Adesso sono così .. contraria …”.
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Tullio Pacifici
Fino al 25/02/2001
Galleria Carla Sozzani: Francesca Woodman fotografie
Corso Como 10 – 20154 Milano
Tel. 02.653531, Fax 02/6592015 e-mail info@galleriacarlasozzani.com
sito www.galleriacarlasozzani.org
Orari: lunedì, ore 15.30 – 19.30 martedì, venerdì, sabato, domenica, ore 10.30 – 19.30 mercoledì e giovedì, ore 10.30 – 21.00
Catalogo. Francesca Woodman edizione Scalo. Fondation Cartier pour l’art contemporain. Prezzo: L. 120.000 disponibile presso la galleriaCarlaSozzani.
L’esposizione delle opere di Francesca Woodman è stata ideata e prodotta dalla Fondation Cartier pour l’art contemporain a cura di Hervé Chandes – Direttore della Fondation Cartier pour l’art contemporain assistente François Quintin.
Come raggiungere la galleria
– Metropolitana Verde: fermata Stazione Garibaldi- Tram 33: fermata Stazione Garibaldi
[exibart]
La mostra della Galleria Sozzani giunge esattamente vent’anni dopo la morte di Francesca Woodman (e a un anno circa dalla retrospettiva “Providence Roma Mew York” del Palazzo delle Esposizioni di Roma). Il lavoro di Francesca è di grande complessità e ricchezza e merita di essere letto per tutti i suoi aspetti. Senza dimenticare lo humour di una persona che oltre alle belle citazioni che riporta Tullio Pacifici, scriveva anche cose come “Spaghetti is my ONLY religion” e descriveva se stessa a Cristiano-Giuseppe Casetti della Libreria Maldoror come “La nuvola mediocre”.
Un catalogo da 120mila lire? o leggo male? spero sia un errore di battitura e che si tratti di 12 mila lire…
E cavolo, ma allora non abbiamo imparato niente…e il vostro forum sull’editoria? non è servito a niente? Uffa
Il catalogo della Woodman, della Fondation Cartier, con copertina rigida, carta e riproduzioni bellissime, l’ho comprato ad Arles nel ’98 (appena edito) per 200 FF, che se non sbaglio fa 60mila lire… Commento solo la mostra: chi può, non se la perda!
Riguardo al catalogo della Fondation Cartier — io l’ho comprato a Londra dove costava 40 sterline quando il cambio era £ 1=3300 lire… Ad ogni modo si può anche acquistare il catalogo della mostra del Palazzo delle Esposizioni, feb/mar 2000, “F.W. Providence Roma New York” pubblicato da Castelvecchi. Costava l’anno scorso 40.000 lire (non so se sia aumentato) e contiene 150 immagini di Francesca, più alcune testimonianze interessanti. Non è stampato bene quanto quello edito da Scalo, ma a differenza di quest’ultimo le foto sono tutte riprodotte in scala 1:1. E costa comunque un terzo…
I cataloghetti di Castelvecchi Arte al PalazzoEsposizioni di solito costano trenta carte, non di piu. Speriamo !
Purtroppo, a meno d’errori da parte della galleria Sozzani, il prezzo riportato nel loro sito è effetivamente di £ 120.000.
Costa troppo ma che siamo matti !!!
Non li compra nessuno cosi !
Francesca…sei volata via…leggera e libera dallo sguardo dei maschi pesanti…sei tu che mi chiami…?
Credo sia una caratteristica della cultura occidentale il soffermarsi sull’evento, sul “fatto avvenuto”, sui momenti interminabili che sembrano non avere un passato o un futuro, per cui, poi, non è possibile fare altro se non chinare la fronte, socchiudere gli occhi ed avvertire il peso della tragedia, come la marea che salendo ci lambisce le caviglie e poi sommerge le sicurezze del nostro mondo; nel silenzio è una distesa marina, tranquilla, è un granello di sabbia, è il rapido consumarsi della fiammella di un fiammifero. Indifferente l’eternità a tutto questo, e tutto questo, a sua volta, indifferente all’eternità. L’immagine è banalizzata dalla ripetizione dei codici: un piccolo corpo, visto dall’alto, la posizione delle braccia e delle gambe innaturale. Non siamo abituati a riflettere sui momenti precedenti: i minuti, le ore, le notti interminabili, passate forse girando per la camera da letto, sicuramente disordinata, per la cucina tra roba andata a male e pile di piatti sporchi. E’ così che ti immagino, in un rapidissimo attimo di dolore per il fatto che io ti guardo, ti osservo, i miei occhi si soffermano sui punti più belli del tuo corpo; la luce che si posa sulla tua pelle, i tuoi seni, il grembo delicato “così facilmente nudo”. Penso a quello che mi hai detto attraverso tutto questo… la tua bravura assoluta, le tue parole sempre profonde, la tua voce, la tua simpatia… Avrei voluto esserti amico, amico nel senso di Blanchot; sorriderti mentre bevi una tazzina di caffè. Ti guardo mentre sparisci, accanto a te ali da angelo; più leggera, diversa dagli altri, forse prigioniera per questo della tua grandezza e della tua intelligenza. Il tuo corpo nudo che sembra uscire dal buio, la posa che hai “scelto”, “individuato” (non so come dire… ma come hai fatto? Dio…)… ti penso tanto, e forse ti amo Francesca… ti amo in questo momento, e ti porterò sempre con me. Dentro di me. Ti amo perchè ti sono amico, ti amo perchè sei bella, ti amo per il tuo mistero che non vuoi rivelare, per la tua libertà. Forse un giorno abbiamo passeggiato per Roma ed eri felice la sera pensando che io c’ero. La luce entra nel tuo appartamento; un mattino uguale al precedente. Penso alla fetta di pane che forse volevi mangiare e hai lasciato sul tavolo, che tanto non t’importa più… sei in piedi e non t’interessa una giornata comunque bella. I tuoi occhi meravigliosi si spalancano sul mondo, è solo un attimo in cui non pensi davvero a niente, o forse pensi a tutto, ai genitori… Sicuramente il dolore è troppo forte. Sotto i tuoi vestiti la tua pelle è candida come la tua anima. Ciao Francesca, spero tanto di poterti abbracciare, un giorno.
grazie per l’attenzione all’evento che la galleria Sozzani ha dedicato a Francesca Woodman.
Spero di incontrare di nuovo quest’Artista e le sue Fotografie.
Mi sembra un’ottima idea quella delle esposizioni itineranti, in alcuni casi necessarie per far conoscere lavori di livello a un > n° di persone interessate.
Il web può essere un aiuto x l’off line, può arricchirne le potenzilità e semplificarne le complessità.
Per esempio a Francesca Woodman potevano essere dedicati più spazi – non solo la presentazione all’evento – ma n° altre scritture e n° altre visioni.
Spigami meglio se hai tempo e voglia questo concetto: ….Avrei voluto esserti amico, amico nel senso di Blanchot……
mi interessa sapere qual’è l’opera cui ti riferisci
magari può essere utile citare un frammento del passo
tue emozioni, riflessioni, sensazioni, e quant’altro a riguardo in un breve commento al testo
grazie ciao
Sai benissimo che non tutte le opere di Maurice Blanchot sono state tradotte in italiano. Col mio pessimo francese mi sono soffermato su “L’amitié” e poi, con più facilità, su “L’infinito intrattenimento”. Immagino il Pensiero un regno immerso nell’oscurità, simile ad un’antica biblioteca, nella quale, appunto, la notte mi turba e non m’invita a dormire. Lei viene dall’altrove evocato da Deleuze e Guattari e si porta appresso la sua tragedia e il suo mistero, la sua ambiguità e la sua bellezza. Mi trovo faccia a faccia con il Totalmente Altro, e la sua domanda è “la domanda più profonda”: sono libero di seguire o meno la sua traccia. Provo uno sconforto e avverto una difficoltà nel confrontarmi, devo resistere alla tentazione di “creare concetti”; mi fermo prima perché, differentemente da te, non sono un filosofo, ma un semplice studioso di cinema. Pur se la domanda è interna alle condizioni del pensiero è proprio perché è il suo carattere aprioristico – di lei – ad essere posto di fronte a me nelle forme della sua assoluta bravura – e non ho scorciatoie -, che voglio darle tutta la mia amicizia e il mio affetto: il mio è un dono, ma anche il suo lo é… anche solo quando mi parla e mi guarda con i suoi bellissimi occhi castani scuri.
A partire dalle opere che citi – “L’amitié” e “L’infinito intrattenimento” – bien merci – scrivimi i passi cui fai riferimento copiando il testo francese; brevi e signicativi passi.
ciao grazie
“Lei ci crede… ad una fiamma inestinguibile… che ti divora per l’eternità?”
Aristotele, Rhetorica, I 13 1373 b 18
i tripodi di Efesto i quali, a sentire il poeta, <
toccassero la cetra, i capi artigiani non avrebbero davvero bisogno di
subordinati, né i padroni di schiavi>
Aristotele, Politica, A 4 1253 b 35
Ciao Tullio….
E’ bella.
Sono più banale di te…